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Amasi Damiani, un giovanotto di 93 anni

Parlare di Amasi Damiani si rischia di apparire retorici: una lunghissima vita da uomo libero e da artista vero, con i tratti salienti del livornese doc.

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Parlare di Amasi Damiani si rischia di apparire retorici: una lunghissima vita da uomo libero e da artista vero, con i tratti salienti del livornese doc. Ascoltare le vicende che hanno caratterizzato la sua professione di regista cinematografico, da un ultranovantenne qual è, con una lucidità e una memoria sorprendenti, è davvero un onore e un vero piacere. Lo incontro la prima volta lo scorso mese a un’iniziativa della Fondazione Livorno per la realizzazione di un docufilm sulla Gorgona e mi concede l’intervista.

Mi ero preparato una scaletta delle domande ma sono stato travolto dalla sua esuberanza e dalla sua vena di narratore. E’ venuto fuori il personaggio romantico che, per tutta la vita ha, ostinatamente, voluto anteporre il suo modo di concepire l’arte cinematografica, alla fama e al tornaconto economico. Credo, comunque, di essere riuscito a riportare la conversazione sulla traccia che mi ero prefigurato

- Quando e perché ha lasciato Livorno?

“Finita la guerra e gli studi liceali, i miei genitori non erano in condizioni di mantenermi all’Università e così decisi di tentare l’avventura romana. Entrai nel giro del grande Roberto Rossellini, del quale divenni amico. Facevo l’aiuto regista gratuitamente. A me interessava imparare la professione e sedere a tavola con il maestro... Insieme a me c’erano Vittorio Taviani e Federico Fellini”.

- Qual è stato il suo primo film?

“Come aiuto regista di Rossellini ‘La macchina ammazza cattivi’, iniziato nel 1947 e terminato nel 1952: un fotografo di un paese del centro Italia (riferimento autobiografico) riceve uno strano personaggio che lo dota di un potere molto particolare e

     cioè fotografando nuovamente la fotografia di una persona può decretarne la morte. Il lavoro fu criticato perché appariva come una evasione dalla realtà. Il primo vero lavoro da regista è stato ‘I Nuvoloni’: il film della miseria (avevo racimolato solo 7 milioni di lire). Avevo  pensato a Totò ma lui mi disse che era impegnato e mi mandò da Macario che, insieme a Silvio Noto, sono i protagonisti. E’il tentativo di alcuni giovani pieni di iniziativa di realizzare i propri sogni. Il critico cinematografico Mino Doletti lo giudicò il film più intelligente del momento”.

- Lei ha diretto anche ‘Cicciolina amore mio’, mi racconti...

“Incontrai Ilona Staller, in arte Cicciolina, con Riccardo Schicchi e le raccontai il copione che avevo in mente: L’eroina di un programma sexy di una radio privata conosce un giovane fotografo, Ric-

    cardo, che vuole allestire un programma tutto per lei in una discoteca perché crede nelle sue doti artistiche. In sostanza una donna che si mette in mostra per essere sfruttata da uomini in cerca di sesso. Riccardo sarà interpretato da Giancarlo Marinangeli. Lo stesso Riccardo Schicchi sarà il produttore del film. Il regista è A. Van Dyke (pseudonimo al posto del mio nome, perché c’erano stati altri interventi che avevano conferito al film una trama eccessivamente erotica). Un successo, comunque!”.

- Avrebbe dovuto fare anche un film con Giulietta Masina?

“Si, andai personalmente a Via Margutta a portarle il copione. Lei lo lesse, ci vedemmo tre o quattro volte e mi chiese se poteva farlo leggere a Federico Fellini. Gli piacque e mi confermò:‘la ‘principessa’ vuole vedere un film tuo’. Piacque anche alla Rizzoli Film, ma non vollero la Masina come protagonista, perché dicevano che tutti i film che avevano prodotto con Giulietta erano andati male. Non se ne fece di nulla. Per reazione girai ‘La regia è finita’, un film contro il sistema dei produttori e dei distributori, che mi valse l’esclusione definitiva da quel mondo. Il film vinse premio ‘Ippocampo d’oro’ , al festival di Montecarlo del 1977” .

- Per la sua attività di regista ha ricevuto molti premi?

“Oltre al già citato Ippocampo d’oro,‘L’albero dei sogni’, presentato a Roma al Festival Art Meeting, è stato premiato alla Protomoteca del Campidoglio come Eccellenza Culturale 2013; ‘L’ultimo giorno’ ha avuto il Laceno d’oro per la regia, al XXVI Festival di Avellino; ‘Una storia importante’ ha ottenuto il premio speciale Beppe Viola, al Festival del cinema di Agrigento (1988). E potrei continuare… Ah, sono anche l’unico italiano presente nell’elenco americano dei grandi registi”..

- Ha fatto anche films neorealistici e autarchici su tematiche scomode?

“Si: il già ricordato ‘L’ultimo giorno’ sull’autismo; ‘Una storia importante’ sul trapianto di reni; ‘Silenzio, si muore’ sulle tossicodipendenze; ‘L’amantide’, un dramma famigliare, di scarso successo anche per la pochezza dei mezzi a disposizione”.

- E di quel film girato in America che mi dice?

“Incontrai un ragazzo e una ragazza americani in Piazza di Spagna, a Roma,  che avevano scritto un copione. Mi piacque. Andai in America con il direttore della fotografia, un elettricista e mia moglie. Feci un film ‘da poveri’, mi vergogno a dirlo. Il produttore mi disse quanto vuoi? Faccia Lei. Mi dette 87 milioni di lire. Il film era ‘Manhattan Gigolò’ e  uscì nel 1986”.

- Veniamo alla Gorgona e ai suoi progetti futuri.

“La favola vera della Perla di Venere (la mia fidanzata) è finita. La conosce la leggenda? A Venere, che stava ammirando le bellezze del Tirreno, si ruppe la collana e caddero sette perle: le cinque isole in provincia di Livorno, tra cui Gorgona e le due in provincia di Grosseto”.

“Devo riflettere - continua - sulla richiesta che mi è stata rivolta di fare un docufilm sulla Gorgona in collaborazione con l’Associazione Cambiamento. Inoltre, ho già pronto il copione di un film su due giovani ebrei livornesi che si ritrovano nel campo di concentramento  di  Auschwitz: una storia vera di una reduce dall’olocausto. Vede, e mi indica un palazzo tra i numeri civici 77 e 81 di via Magenta: abitava lì”.

- Mi racconti infine qualcuna delle sue battute ironiche.

* * *

- A Roma abitavo a San Pietro e spesso mi arrivava corrispondenza di Damiano Damiani (altro regista, saggista, attore e sceneggiatore (1922-2013), ndr) che abitava al Palatino. Io inforcavo la mia bicicletta,  poi il motorino, e gliela portavo a casa. Non ricordo una volta che mi abbia detto grazie...

* * *

- Ero fidanzato con Adriana, che sarebbe diventata mia moglie, e mi domandava spesso: “Ma quanti anni hai?” E io le rispondevo che nell’ambiente cinematografico porta male dire l’età. Solo quando arrivarono i certificati per il matrimonio, scoprì che avevo il doppio dei suoi anni.

* * *

- Eravamo insieme, a Chianciano Terme, con la Masina  e Fellini. Lei andava sempre ‘a fare le acque’ a mezzogiorno (l’ora di massima frequenza). Federico pregò mia moglie Adriana di dire a Giulietta che era meglio anticipare alle ore 10. Ci provò, ma ricevette un sonoro vaffanculo: “Te lo ha detto Federico!”. 

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