Editrice il Quadrifoglio
Livorno nonstop
Mensile di Attualità-Arte e Spettacolo rigorosamente Livornese
Livorno riabbraccia Modì


Dopo quel burrascoso (e imbarazzante) luglio del 1 9 8 4 quando Livorno presentò la mostra "Modigliani - Gli anni della scultura", la città riabbraccia il suo figlio più importante nel mondo dell'arte. Lo fa in occasione del centenario della sua scomparsa con la mostra "Modigliani, ,Soutine e gli artisti maledetti" del curatore Marc Restellini, che ha già riscosso grandi successi dal 2012 ad oggi a Parigi, Milano, Roma, New York e San Pietroburgo. Si tratta di 122 opere, di cui 14 di Modigliani, una ventina di Chaim Soutine e il resto di quel gruppo di pittori 'maledetti' - assetati di arte, farne e fama - appartenenti a Joanas Netter (1867 - 1946), ovvero la più importante e qualificata collezione d'arte contemporanea degli inizi del Novecento.
Restellini, durante la firma dell'accordo, ha dato quasi per certo che ci saranno altre 12 opere di Modigliani provenienti da una diversa collezione (Alexander). Parlavamo di burrascoso (e imbarazzante) luglio del 1984. Già, perché la mostra delle sculture di Modigliani, tenutasi al Museo Progressivo d'Arte Contemporanea di Villa Maria, in occasione del centenario della nascita dell'artista livornese, curata dai fratelli Dario e Vera Durbè, all'esordio ebbe scarsa affluenza di pubblico, per poi esplodere in maniera clamorosa e fare il giro di tutto il mondo.
Il tutto nasce dalle leggenda (?) che Modigliani, prima di partire per Parigi nel 1906 e liberare il suo studio in via Gherardi Del Testa, di fianco al Mercato Centrale, dopo che si era rivolto inutilmente alla ghenga dei pittori del Bar Bardi, in piazza Cavour, di prendere in consegna alcune pietre scolpite, alla risposta "Buttale nel fosso! ", il permaloso e impulsivo "Dedo" non fece altro che eseguire l'ordine. Vera Durbè, a distanza di oltre 70 anni e nonostante i precedenti dragaggi del fosso, era convinta che avrebbe ugualmente trovato quelle sculture tra le acque melmose e, d'accordo con il Comune, fece iniziare i lavori di recupero con una escavatrice. Dopo alcuni giorni di dragaggio ecco il ...miracolo. Viene tirata su una "testa", poi altre due. La notizia rimbalza in tutto il mondo. A Livorno scendono tra i più autorevoli critici d'arte e, alcuni di loro, Giulio Argan in testa, dichiarano "Non ci sono dubbi, è la mano di Modi". Le 'teste' vengono portate alla mostra e si ristampa il catalogo ufficiale con i tre reperti appena "pescati". Il gioco dura qualche giorno fin quando tre studenti (Luridiana, Ghelarducci e Ferrucci, oggi affermati professionisti), autori delle 'teste' senza arte né parte ma con il solo scopo di fare uno scherzo (in realtà la prima 'testa' era opera del pittore-contestatore Angelo Froglia che la gettò nel fosso, individualmente, come atto di rivalsa contro i critici d'arte), increduli per come stanno andando le cose, sviscerano la verità al settimanale "Panorama" che per primo parla della "burla delle teste". Poi, gli stessi tre studenti, mostrarono in diretta tv in uno speciale TG 1 condotto da Enzo Tortora la paternità delle... opere ripetendo l'operazione a suon di colpi di martello, cacciavite e trapano Black&Decker.

"Che figura di m...." direbbe Emilio Fede. Ancora oggi, a 35 anni di distanza, la burla delle teste è sempre gettonatissima dai media tra gli scherzi più riusciti al mondo.
Beh, questa volta non ci sono pericoli del genere. Per la mostra di Modigliani in programma dal 7 novembre fino 16 febbraio al Museo della Città, l'accoppiata NetterRestellini è più che una sicurezza. I falsi Modi sono altrove.
Ben 101 giorni di esposizione che, si prevede, porteranno a Livorno circa 80-100mila visitatori, con ampia maggioranza da fuori.
Una (ghiotta) occasione per la città di prendersi più cura di questo suo figlio illustre anche all'indomani di tale evento di portata internazionale, ma pure quella di farsi trovare pronta e di "vendere" al meglio tutte le altre eccellenze cui siamo restii a mettere sul piatto (Fortezze, Giro dei fossi, Terrazza Mascagni, Teatro Goldoni (a quando una stagione ma-
scagnana?), Museo Fattori, Montenero ecc., e, perché no? anche la gastronomia, con il cacciucco e il (vicino) Sassicaia, nell'oasi di pace di Bolgheri).
Già da ora il plauso al sindaco Luca Salvetti e alla sua giunta per una operazione del genere, che richiede un grande sforzo economico, certo, in buona parte coperto da sponsor e dalla vendi-
ta dei biglietti d'ingressso, ma che può funzionare da trampolino di lancio, sia dal punto di vista culturale (potrebbe essere la prova generale per aggiudicarsi il bando della Capitale italiana della cultura 2021) che turistico.
Livorno, insomma, deve ripartire da qui. Ma ne riparleremo in maniera pù ampia nel prossimo numero.
Intanto dedichiamo la copertina alla Bambina in azzurro, una delle opere di Modigliani che saranno in mostra al Museo della Città. Un quadro, tra l'altro, che ha delle particolarità: intanto è uno dei rari dipinti di Modigliani a figura intera e unico ritratto infantile; poi gli occhi, anziché vuoti come nella maggioranza dei volti femminili, questa volta, sono splendenti con le pupille di un azzurro acceso, a capocchia di spillo, an-
che se danno un senso quasi ipnotico.
Un quadro (olio su tela, del 1918, 116x73 cm., custodito in una collezione privata a Parigi) che lo stesso Restellini reputa tra le tele più significative del pittore livornese.

Il tutto nasce dalle leggenda (?) che Modigliani, prima di partire per Parigi nel 1906 e liberare il suo studio in via Gherardi Del Testa, di fianco al Mercato Centrale, dopo che si era rivolto inutilmente alla ghenga dei pittori del Bar Bardi, in piazza Cavour, di prendere in consegna alcune pietre scolpite, alla risposta "Buttale nel fosso! ", il permaloso e impulsivo "Dedo" non fece altro che eseguire l'ordine. Vera Durbè, a distanza di oltre 70 anni e nonostante i precedenti dragaggi del fosso, era convinta che avrebbe ugualmente trovato quelle sculture tra le acque melmose e, d'accordo con il Comune, fece iniziare i lavori di recupero con una escavatrice. Dopo alcuni giorni di dragaggio ecco il ...miracolo. Viene tirata su una "testa", poi altre due. La notizia rimbalza in tutto il mondo. A Livorno scendono tra i più autorevoli critici d'arte e, alcuni di loro, Giulio Argan in testa, dichiarano "Non ci sono dubbi, è la mano di Modi". Le 'teste' vengono portate alla mostra e si ristampa il catalogo ufficiale con i tre reperti appena "pescati". Il gioco dura qualche giorno fin quando tre studenti (Luridiana, Ghelarducci e Ferrucci, oggi affermati professionisti), autori delle 'teste' senza arte né parte ma con il solo scopo di fare uno scherzo (in realtà la prima 'testa' era opera del pittore-contestatore Angelo Froglia che la gettò nel fosso, individualmente, come atto di rivalsa contro i critici d'arte), increduli per come stanno andando le cose, sviscerano la verità al settimanale "Panorama" che per primo parla della "burla delle teste". Poi, gli stessi tre studenti, mostrarono in diretta tv in uno speciale TG 1 condotto da Enzo Tortora la paternità delle... opere ripetendo l'operazione a suon di colpi di martello, cacciavite e trapano Black&Decker.

A Livorno si contano sulle punta delle dita i luoghi che ricordano Amedeo Modigliani, uno dei suoi figli più illustri, acclamato in tutto il mondo. C'è la casa natale dell'artista in via Roma 38 (di
proprietà privata ma, specie negli ultimi anni, aperta a flussi di visitatori) e, a pochi passi, in piazzaAttias, il suo busto, opera di Vitaliano De Angelis, qui collocato nel 2017 dopo che per decenni era seminascosto dai pitosfori sul retro della biblioteca di Villa Fabbricotti.
Poi c'è la strada a lui intitolata e il Forum Amedeo Modigliani che, però, presentano due... bruttezze.
Via Amedeo Modigliani sorge nel popolare quartiere Sorgenti. Non si tratta certo di una strada prestigiosa, oggi alquanto insignificante (sconosciuta anche a molti livornesi). Ma nel 1948, quando fu intitolata la strada, il sindaco Furio Diaz era chiamato ad altre priorità, quella della ricostruzione della città, far riprendere il lavoro di molte industrie e sconfiggere la fame che coinvolgeva numerose famiglie livornesi. C'è anche da aggiungere che Modigliani, a 28 anni dalla sua scomparsa, non godeva certo della popolarità odierna. Comunque il suo nome fu 'legato' ad altri illustri personaggi: nelle strade che da via Carlo Pigli sbucano, come via Modigliani, in via delle Sorgenti, sorte anche queste dalla costruzione di simili bloc-
chi popolari ad opera del Comune, furono dati i nomi del commediografo Dario Niccodemi (autore, tra l'altro, delle opere teatrali La Nemica e La maestrina), del banchiere e ministro delle Finanze del Regno d'Italia Pietro Bastogi e del disegnatore e promotore della Resistenza cattolica al nazifascismo Astolfo Lunardi.
Quello che più stona oggi è la targa di marmo che indica il nome della via: c'è scritto solo Via Modigliani, ciò che non rende giustizia ad. Amedeo, e che potrebbe anche trarre in inganno l'ignaro passante visto che al fratello dell'artista, Giuseppe Emanuele, è dedicata la piazzetta di fronte all'ingresso dei Bagni Pancaldi. Il marmo, oltretutto, è sbocconcellato in un angolo e deturpato da una scritta.
E' vero che dalla parte opposta della via c'è una targa completa "Via Amedeo Modigliani", ma la bruttezza rimane. Così come quella del Forum Amedeo Modigliani, il grande palasport inaugurato alle Fonti del Corallo nel 2004, uno dei più imponenti d'Italia, con addirittura la copertura in legno strutturale che risulta essere la più grande d'Europa. Dapprima si chiamava PalaLivorno, poi prese il nome di PalaAlgida grazie ad una sostanziosa sponsorizzazione e, nel 2013, a seguito del risultato di un sondaggio lanciato da II Tirreno, appunto, Forum Amedeo Modigliani.
All'interno della struttura c'è anche una Sala Amedeo Modigliani (quella destinata alla stampa), oltre alle Sale Pietro Mascagni e Giovanni Fattori, le eccellenze livornesi.
Parlavamo però di bruttezza e riguarda proprio la denominazione dell'impianto, sostenuta da un alto pilone, su tre facciate, tutte ben illuminate da numerosi faretti. Ebbene, in due facciate la scritta Modigliani appare monca, ovvero "Modigli", in quanto si è staccata la parte finale del logo completo. Non è certo un buon biglietto da visita e di decoro per la struttura e per la città, oltre che mancanza di rispetto verso un artista di fama mondiale. I responsabili sono tenuti a ripristinarla al più presto e non vale il discorso
che il palasport, dopo la crisi, anzi la scomparsa, del grande basket a Livorno, è aperto solo in sporadici concerti o manifestazioni.
Buone notizie invece per il Premio Modigliani che era una attrattiva nazionale dell'arte contemporanea negli anni tra il 1955 e 1967. Si disputarono otto edizioni nell'allora Casa della Cultura che permisero al Comune, grazie aduno speciale accordo, anche di entrare in possesso di opere di artisti del calibro di Pino Pascali, Pier Paolo Calzolari, Titina Ma-selli ed altri.
Nonostante il successo sempre più incalzante, sul Premio si spensero inesorabilmente le luci per mancanza di adeguati fondi ma, c'è da aggiungere, poco si fece anche per salvarlo. Ora a distanza di oltre mezzo secolo, grazie al contributo ministeriale di 100mila euro, confermato dal ministro per i Beni Culturali Alberto Bonisoli durante una sua recente visita a Livorno, il Premio si rimette in moto.
Un altro tassello per riappropiarci del "nostro" Amedeo Modigliani.