Dario Ballantini, pittore d’eccellenza racconta di sè e del suo percorso artistico alla nostra rivista. Ho cercato e voluto con piacere l’intervista con Dario proprio perché rappresenta quel segno distintivo di un’Arte vissuta e forte d’animo che emoziona, sempre.
La prima domanda che faccio a Dario riguarda la sua infanzia e di come la passione e la voglia di disegnare sia entrata a far parte della sua vita.
Dario mi risponde che suo padre Sergio era un abile pittore che smise però di disegnare proprio quando Dario e suo fratello Glauco erano ancora piccoli. Mi racconta che fin da bambino era affascinato dai pittori che con i loro cavalletti si disponevano sul lungomare livornese per disegnare la loro realtà.
Lo affascinava il ruolo “dell’interpretatore” colui che disegna la propria realtà, con i suoi occhi e le sue emozioni.
Dario indubbiamente eredita dal padre , quella che lui stesso definisce “una buona mano” , aggiunta poi da un forte amore personale per i fumetti e le caricature.
Nel periodo dell’adolescenza e durante la frequentazione scolastica al Liceo Cecioni, Dario decide di scegliere come una delle principali materie da seguire proprio il disegno, dove in poco tempo,  attira la completa attenzione dell’allora insegnante, Giovanna Menaboni. Quest’ultima un giorno confida ad un allievo più grande che era meravigliata dall’ottima mano di un alunno che disegnava direttamente con la penna senza utilizzare gomma e matita, ed era proprio lui, Dario, il quale orecchiando quelle belle frasi rimase quasi “fulminato”, colpito dalla certezza di avere un talento! Il suo talento! Da coltivare e portare avanti!

La seconda domanda che faccio a Dario è come si è evoluta la sua tecnica durante il suo percorso artistico.
Dario mi risponde che durante la sua frequentazione al liceo artistico viene seguito  dal maestro, Giancarlo Cocchia, grande esponente di un espressionismo  particolare ,personalizzato, ed autodidatta, possessore di un uso della pittura e dei colori molto “segnico” cioè legato più al segno  che alla corposità del colore.
Ed è proprio al Liceo che Dario passa dalla “penna” alla pittura senza però, inizialmente, utilizzare nessun colore.
Quest’ultimo dettaglio fa pensare che Dario che sia legato ad un’eredità del padre il quale disegnava solo in bianco e nero.
Mi spiega che durante il suo percorso si interessa al tratto di Picasso e insieme anche a quello del grande Modigliani, facendosi catturare da quei volti scavati e vissuti nella loro personalità.
Il colore nei dipinti di Dario arriva molto tardi, poiché convinto, come già detto in precedenza,  di non aver bisogno della “comodità” dell’impatto cromatico.
Successivamente però, una volta sperimentate le tinte, mi racconta di essere arrivato ad una esagerazione del colore, avvicinandosi quasi ad un dripping artistico tipico per il suo getto e “schianto” di tinte. Tecnica che dava modo  a Dario di trasmettere il suo impeto creativo raccontando a pieno il suo stato espressivo in tutta la sua completezza.
La terza domanda è se prima di disegnare un’opera esecutiva Dario schizzi o impronti una bozza iniziale.

Dario Ballantini

Un percorso, quello di Dario, che nasce proprio in una città con un ricchissimo panorama artistico.

di Annalisa Gemmi

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Dario Ballantini, pittore d’eccellenza racconta di sè e del suo percorso artistico alla nostra rivista. Ho cercato e voluto con piacere l’intervista con Dario proprio perché rappresenta quel segno distintivo di un’Arte vissuta e forte d’animo che emoziona, sempre.
La prima domanda che faccio a Dario riguarda la sua infanzia e di come la passione e la voglia di disegnare sia entrata a far parte della sua vita.
Dario mi risponde che suo padre Sergio era un abile pittore che smise però di disegnare proprio quando Dario e suo fratello Glauco erano ancora piccoli. Mi racconta che fin da bambino era affascinato dai pittori che con i loro cavalletti si disponevano sul lungomare livornese per disegnare la loro realtà.
Lo affascinava il ruolo “dell’interpretatore” colui che disegna la propria realtà, con i suoi occhi e le sue emozioni.
Dario indubbiamente eredita dal padre , quella che lui stesso definisce “una buona mano” , aggiunta poi da un forte amore personale per i fumetti e le caricature.
Nel periodo dell’adolescenza e durante la frequentazione scolastica al Liceo Cecioni, Dario decide di scegliere come una delle principali materie da seguire proprio il disegno, dove in poco tempo,  attira la completa attenzione dell’allora insegnante, Giovanna Menaboni. Quest’ultima un giorno confida ad un allievo più grande che era meravigliata dall’ottima mano di un alunno che disegnava direttamente con la penna senza utilizzare gomma e matita, ed era proprio lui, Dario, il quale orecchiando quelle belle frasi rimase quasi “fulminato”, colpito dalla certezza di avere un talento! Il suo talento! Da coltivare e portare avanti!

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La seconda domanda che faccio a Dario è come si è evoluta la sua tecnica durante il suo percorso artistico.
Dario mi risponde che durante la sua frequentazione al liceo artistico viene seguito  dal maestro, Giancarlo Cocchia, grande esponente di un espressionismo  particolare ,personalizzato, ed autodidatta, possessore di un uso della pittura e dei colori molto “segnico” cioè legato più al segno  che alla corposità del colore.
Ed è proprio al Liceo che Dario passa dalla “penna” alla pittura senza però, inizialmente, utilizzare nessun colore.
Quest’ultimo dettaglio fa pensare che Dario che sia legato ad un’eredità del padre il quale disegnava solo in bianco e nero.
Mi spiega che durante il suo percorso si interessa al tratto di Picasso e insieme anche a quello del grande Modigliani, facendosi catturare da quei volti scavati e vissuti nella loro personalità.
Il colore nei dipinti di Dario arriva molto tardi, poiché convinto, come già detto in precedenza,  di non aver bisogno della “comodità” dell’impatto cromatico.
Successivamente però, una volta sperimentate le tinte, mi racconta di essere arrivato ad una esagerazione del colore, avvicinandosi quasi ad un dripping artistico tipico per il suo getto e “schianto” di tinte. Tecnica che dava modo  a Dario di trasmettere il suo impeto creativo raccontando a pieno il suo stato espressivo in tutta la sua completezza.
La terza domanda è se prima di disegnare un’opera esecutiva Dario schizzi o impronti una bozza iniziale.

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La risposta arriva netta e decisa, nessun disegno antecedente all’esecutivo, ma solo la creazione istintiva e trasportatrice intenta a  raffigurare l’essere umano nella sua dimensione di apparte  nenza, percepita nettamente    da Dario, come quella di un prigioniero che vive all’interno di metropoli riconosciute come vortici, gabbie senza via di fuga.
Solo per un breve periodo (2001-2006) crea una sorta di bozzetto, sempre però disegnati a penna, schizzi che poi comunque venivano completamente stravolti e abbandonati durante l’ esecutivo.
Dario mi spiega poi che è l’emozione che guida il proprio impeto creativo e che lui stesso accetta il rischio di una monotematicità. Su quest’ultima affermazione chiedo a Dario di spiegarmi più nel dettaglio e lui mi risponde che come i registi e i cantautori ripropongono sempre i loro film e canzoni, così anche a lui capita di disegnare sempre lo stesso quadro più volte ma di rappresentarlo in varianti diverse tra loro.
In ultimo chiedo a Dario dove dipinge se ha bisogno di un suo momento di solitudine quando crea e infine domando quanto sia importante la musica durante la sua pittura.
Dario mi spiega che per un lungo periodo ha dipinto di notte nella sua casa a Milano spostandosi successivamente in uno studio e poi ancora a Roma e Livorno, ovunque potesse avere quell’attimo di assoluta riservatezza dove poter esprimere al meglio la sua Arte.
Dario precisa che nel corso degli anni i suoi impegni lavorativi si sono evoluti e che in ciascuna casa e studio si è dovuto organizzare e attrezzare affinchè possa creare senza alcun impedimento logistico.
Infine aggiunge che la musica è importante ma che non se ne sente schiavo, mi confida che spesso mentre dipinge canticchia.

Dario ci confida infatti di ascoltare, durante la creazione delle sue opere, Lucio Dalla e i lunghi album di Battisti “moderno“ quello meno noto, con i testi di Panella con cui, mi dice Dario, riesce ad isolarsi dal mondo.
Sono rimasta sempre affascinata dall’Arte espressa da Dario, dalle sue “tracce” forti e nuove.
Il suo tratto è deciso, forte, espressivo, opere quasi incise che rimangono ben impresse nell’anima. Figure che emergono con potenza e rilievo e che travolgono di nuovo vigore la normalità di una routine patetica e vecchia. Profumo di colori caldi, spezzati da tagli neri che delineano finalmente una realtà stupefacente.
Ringrazio Dario per aver parlato di sè e per averci raccontato il suo percorso artistico.
Tutti noi ci auguriamo di vedere presto una personale di Dario nella nostra città!che ha sempre bisogno di Arte!