Editrice il Quadrifoglio
Livorno nonstop
Mensile di Attualità-Arte e Spettacolo rigorosamente Livornese
“Donne ecco l’acquaiolo’, ‘Donne arriva il ghiacciaio”
Dalla stazione centrale di Livorno, prima che costruissero quella teoria infinita di “non luoghi” chiamata “Porta a terra”, partiva, in direzione delle campagna, una strada “bianca” che portava alla “Puzzolente”. I livornesi, cui non fa certo difetto l’ironia, così hanno chiamato il luogo dove sgorgava una fonte (oggi a secco) di acqua solfurea, dal classico odore di uova marce, ma dai benefici effetti digestivi e stimolante dell’apparato gastro-intestinale.
di Marcello Faralli

Dalla stazione centrale di Livorno, prima che costruissero quella teoria infinita di “non luoghi” chiamata “Porta a terra”, partiva, in direzione delle campagna, una strada “bianca” che portava alla “Puzzolente”. I livornesi, cui non fa certo difetto l’ironia, così hanno chiamato il luogo dove sgorgava una fonte (oggi a secco) di acqua solfurea, dal classico odore di uova marce, ma dai benefici effetti digestivi e stimolante dell’apparato gastro-intestinale. Pare avesse anche proprietà antiossidanti che rallentano l’invecchiamento dell’organismo e rendono più bella la pelle. Una manna all’epoca in cui c’era appena l’acqua da bere.
Subito dopo la II Guerra mondiale, un uomo di età avanzata, chiamato Geronimo, percorreva, di buon mattino, le strade del quartiere di Torretta. Avvolto in un giubbotto americano, un cappello militare e pantaloni lunghi con la molletta ai risvolti, spingeva il suo velocipede, assai di più di una bicicletta, attrezzato per il trasporto di una imprecisata quantità di fiaschi impagliati, quelli a suo tempo usati per il vino che, di buon mattino, andava a riempire alla fonte della Puzzolente. Lavoro faticoso per il gran peso da trasportare e per la vetustà del mezzo, ad un solo rapporto e senza carter di protezione della catena.
Con una voce tonante annunciava il suo arrivo: “Donne ecco l’acquaiolo”. Nel decantare le numerose proprietà benefiche aggiungeva: “e rinfresca anche la cioncia”. Virtù, questa, di cui non si ha prova. Alcune si affacciavano alle finestre facendo cenno di attendere, altre scendevano con i loro fiaschi vuoti, ma il buon’uomo non si fidava della pulizia degli stessi e, con un imbuto, travasava il “prezioso” liquido dai suoi ai loro. Il prezzo, solo in apparenza, era fissato in cinque lire a fiasco. A qualcuna faceva però lo sconto di una lira. Ci fu chi si accorse di questo diverso trattamento e iniziarono a circolare voci malevole che indussero l’acquaiolo a cambiare quartiere.
Alcuni ragazzi intraprendenti, mangiarono la foglia e tentarono di organizzare un loro canale di fornitura. Scoprirono sì, la fonte di approvvigionamento, alla Puzzolente, recuperarono una quantità di fiaschi, ma non il sistema sicuro per trasportarli. Ne ruppero molti, per cui solo i famigliari di alcuni di essi poterono continuare a beneficiare delle proprietà stimolanti di quell’acqua.
Dell’acquaiolo, a Torret-
ta, non si ebbe più notizia e così ai torrettani non rimase che rivolgersi alla farmacia per regolare le funzioni del proprio organismo.
La Puzzolente rimase solo un luogo mitico per scampagnate tra amici, come tante foto d’epoca testimoniano.
Tra l’acquaiolo desaparecido e l’uomo che ne prese il posto, Erasmo, per la vendita di un prodotto derivato dall’acqua, il ghiaccio, non passò molto tempo. Diversi ragazzi ambivano a accodarsi a lui. Contrariamente all’acquaiolo che era mattiniero lui percorreva le vie del quartiere nel tardo pomeriggio delle giornate estive. Si spostava con una Vespa rossa vecchio modello, attrezzata con un cassone termico dietro al sedile posteriore. Affascinava l’idea di girare per le strade del rione a bordo di uno scooter così appariscente. Addentrarsi nei sotterrai bui del Mercato delle vettovaglie dava la sensazione di entrare nelle viscere di una enorme balena con in pancia una grossa macchina che sfornava candide barre di ghiaccio che, a poco a poco, dal candore passavano a un aspetto trasparente.
Faceva freddo, là sotto, e occorrevano felpe e guanti spessi per raccogliere e spezzare a metà quelle barre da sistemare nel cassone termico della Vespa. Poi di nuovo alla luce intensa del meriggio estivo per le strade del quartiere. Al richiamo di Erasmo: “Donne arriva il ghiacciaio, potete mettere in fresco cibo, alimenti e, se siete in calore, anche ‘quella’...” Molte donne si affacciavano alla finestra. Alcune scendevano, altre preferivano essere servite in casa.
Il “ghiacciaio”, assestando, con maestria, colpi di martello su una lama tagliente conficcata nella barra liberava grosse scaglie che vendeva al modico prezzo di quattro lire. Per quelle che erano rimaste in finestra l’aiutante ghiacciaio saliva fino da loro per la consegna e il prezzo si arrotondava a cinque lire. Al termine del “giro”, l’aiutante veniva compensato con quella lira in più di ogni consegna a domicilio e una grossa scaglia da portare trionfalmente a casa. Per lui la prima “paghetta”, per la famiglia, un prezioso ausilio alla conservazione degli alimenti, in tempi in cui non c’era da scialare…




