Enrico Bertelli, un inno contro l’arroganza dell’evidenza.

9 Gen 2024 | Autore: Annalisa Gemmi, IN EVIDENZA, IN PRIMO PIANO, MUSICA E ARTE

Quindici opere, alcune formate da più lavori che sono la documentazione delle varie tappe del percorso artistico di Enrico Bertelli. Ogni opera è l’esemplificazione di un periodo di lavoro e dei materiali che sono stati utilizzati, dagli iniziali collage ai disegni su carta, dalle resine a tutta la fase degli adesivi e delle plastiche.

Quello di Enrico Bertelli è un percorso artistico che nasce dagli “errori”. Per spiegarlo meglio Enrico ci invita a fare un passo indietro, a quando realizzava i suoi primi pezzi. Ci racconta che dopo la scuola lavorava come illustratore per giornali e in uno studio di fumetti dove disegnava gli sfondi attraverso i quali si muovevano i vari personaggi. Mentre faceva questo lavoro, scartava un sacco di bozze: prove colore, disegni che andavano male, ecc. Invece di buttare via questi fallimenti, Enrico li metteva da parte, e in seguito li utilizzava per comporre collage astratti. Queste le parole di Enrico: “Mi sono reso conto che questi piccoli pezzi mi piacevano molto, molto di più del lavoro effettivo che stavo facendo, e sapevo senza dubbio che era quello che volevo fare”.

Foto: Valentina Restivo

Enrico ci dice che paradossalmente non cerca di creare pezzi “belli” perché la sua intenzione principale è quella di mostrare la sua idea del mondo dichiarando: “Mi piacerebbe andare contro l’arroganza, soprattutto l’arroganza dell’evidenza”.

– Cosa ti auguri che ogni visitatore porti via con se dopo aver visitato la tua mostra?

“Mi vengono in mente molte cose, la prima è che si portino via effettivamente qualcosa, che non restino indifferenti. Aggiungere mondi al mondo è forse la definizione di arte che mi piace di più. Ecco aggiungere qualcosa al mondo di ogni visitatore sarebbe entusiasmante. Mi piacerebbe anche che si portassero a casa la sensazione di un esperienza feconda, che la visione dei miei quadri gli facesse venire voglia di fare, di desiderare, di guardare meglio e più a lungo il paesaggio intorno, le persone”.

– La tua arte nasce dagli “errori”, cosa vedi in loro?

“Sono gli errori che mi cercano, almeno cosi mi sembra. Nel sentire comune gli errori sono qualcosa da evitare, ma in effetti sono decisivi nella nostra vita, negli equilibri della natura. Io sono attratto dalle conseguenze estetiche e non consapevoli delle attività umane, di alcune di queste in particolare. Cerco di valorizzare, mettere in rilievo questa parte trascurata della realtà”.

– Da cosa vorresti fosse sostituita “l’arroganza dell’evidenza”?

“Ormai la scienza ce lo dice da decenni, il mondo non è affatto come i nostri sensi ce lo fanno percepire. Noi siamo in una minuscola bolla dove ci sono leggi e regole che valgono solo qui. Il nostro cervello non è in grado di concepire le misure dell’universo (distanze, tempo) ma credo che avere qualche consapevolezza in più sarebbe utile per avere un rapporto più sereno con il mondo, il cosmo, la nostra posizione nella natura. Non ho intenzioni didattiche nel mio lavoro, ma credo che la mia pratica artistica possa suggerire un modo di guardare, di relazionarsi con il flusso di immagini enorme che dobbiamo affrontare ogni minuto”.

– Progetti per il futuro?

“Non smettere di desiderare”.