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Donna, uomo e criminale, la romanzata vita di Eugenia Falleni  

Su Wikipedia alla categoria che raccoglie voci relative a persone nate a Livorno, troviamo Eugenia Falleni.

Chi era costei?

Un altro colpo di clic e la nota enciclopedia libera (divenuta ormai indispensabile e gettonatissima per qualsiasi tipo di notizia) ci informa:  “Eugene Falleni, alla nascita “Eugenia Falleni”, noto anche coi nomi di Harry Leo Crawford o Jean Ford (Livorno, 25 luglio 1875 – Sydney, 10 giugno 1938), è stato un criminale australiano, uomo transgender colpevole di omicidio, il suo caso fu ampiamente seguito dalla stampa locale”.

Di Bruno Damari

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Su Wikipedia alla categoria che raccoglie voci relative a persone nate a Livorno, troviamo Eugenia Falleni.

Chi era costei?

Un altro colpo di clic e la nota enciclopedia libera (divenuta ormai indispensabile e gettonatissima per qualsiasi tipo di notizia) ci informa:  “Eugene Falleni, alla nascita “Eugenia Falleni”, noto anche coi nomi di Harry Leo Crawford o Jean Ford (Livorno, 25 luglio 1875 – Sydney, 10 giugno 1938), è stato un criminale australiano, uomo transgender colpevole di omicidio, il suo caso fu ampiamente seguito dalla stampa locale”.

Poi, scorrendo ancora,  tutti i dettagli, ampiamente descritti nei seguenti sottotitoli: I primi anni; Arrivo in Australia e matrimonio; La morte di Annie Birkett, il secondo matrimonio e l’arresto; Il processo, gli ultimi anni e la morte. Il tutto condito da un’altrettanta ampia serie di note (ben 43!) e richiami che  portano in un lampo anche a molti siti australiani.

La curiosità ci porta presto ad indagare e a buttare giù, con copia e incolla, questa (condensata) tragica storia ma che è talmente ricca di colpi di scena e di esperienze inverosimili da sembrare più un romanzo. Non a caso la vicenda riempì le colonne sulle prime pagine dei giornali in Australia e Nuova Zelanda, ma dette spazio, in tempi più recenti, anche a qualche sceneggiato televisivo. Inoltre, sono stati stampati vari libri, l’ultimo dei quali rilanciato dalla casa editrice genovese ‘Il Canneto’ nel 2019.Ma andiamo per ordine Eugenia “Nina” Falleni nacque a Livorno, precisamente in via dell’Ardenza, il 25 settembre 1875 (la data però varia secondo alcune fonti), da Luigi e Isola Gini, come primogenita di una famiglia che si ‘allargò’ in maniera scriteriata: alla fine si contarono ben 22 figli, dei quali diciassette (dieci maschi e sette femmine) arrivati all’età adulta.

Ma dell’aria e del salmastro livornese rimase ben poco nei polmoni dei genitori e della piccola Eugenia, in quanto la famiglia,  nel 1877, decise di emigrare nella lontanissima Wellington, in Nuova Zelanda, in cerca di lavoro. Il padre trovò occupazione prima come carrettiere, poi come pescatore non senza aver perso l’abitudine  di... “produrre” figlioli uno dietro l’altro. Fu così che Eugenia, ancora adolescente, dovette rimboccarsi le maniche e avviata al lavoro per dare un aiuto economico alla famiglia sempre più numerosa. Ma per le femmine c’era poco spazio, e quando seppe che in un mattonificio cercavano ragazzi, si travestì in abiti maschili. Aveva un fisico esile, ma tanta forza nelle braccia e nelle gambe, che non dette nell’occhio a nessuno. Lo stesso si verificò quando andò a lavorare in una stalla, abilissima nell’alzare con il forcone balle di fieno. Con gli abiti maschili si trovava a proprio agio, anche perché in lei era già nato un certo turbamento e nel suo corpo si sentiva più uomo che donna.

In un’epoca in cui non si sapeva cosa fossero i travestiti, meno che mai i termini transessuale e transgender, non la aiutò certo a vivere una serena esistenza. Anche in famiglia trovò grosse opposizioni tanto che fu costretta a fuggire di casa e imbarcarsi per l’Australia. Lo fece a bordo di una nave mercantile in qualità di mozzo, dichiarandosi col nome Harry Leo Crawford. Fu  accolta benissimo sia dal capitano che dagli altri marinai. Per essere all’altezza del lavoro e non dare nell’occhio si calò subito nei panni dell’equipaggio: non temeva lavori pesanti,tracannava vino e bevande alcoliche, e, nelle discussioni, utilizzava spesso un colorito turpiloquio.

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Andò avanti così per un bel pezzo fin quando il comandante si accorse dell’inganno. Fu una vera tragedia, anche perché nella marineria australiana - e non solo - una donna a bordo era considerato di pessimo auspicio, che portava solo guai e sfortuna. Eugenia, pur di rimanere, sottostò anche alle violenze sessuali del comandante, ma ciò non fu sufficiente e, nonostante fosse rimasta incinta, con un calcio nel sedere, fu sbarcata a Newcastle, primo porto dove attraccò la nave. Era l’inizio del 1898, Eugenie aveva 23 anni quando dette alla luce Josephine Crawford Falleni, bambina che fu poi  affidata alle cure di una signora italiana, certa De Angelis.

Per i successivi anni Eugenia, anzi  Harry Leo Crawford, visse a Sidney come se fosse stato un maschio, anzi un macho che piaceva alle donne. Tanto è vero che, nel 1913, si sposò con Annie Birkett, una vedova benestante, nonché bella ed affascinante signora del posto (come possiamo vedere dalla foto). Solo dopo quattro anni la moglie, al momento dei rapporti intimi, si accorse che qualcosa non andava, tanto che era disposta a presentare una denuncia alle autorità competenti e chiedere lo scioglimento del matrimonio. Ma non fece in tempo, perché fu trovata morta carbonizzata in un parco di Lane Cove, nei pressi di Sidney. L’identificazione del corpo, talmente martoriato, avvenne solo dopo tre anni di indagini .

Nel frattempo, Harry Leo Crawford, che ai vicini disse che la moglie era fuggita con un altro, si sposò nuovamente, con una certa Elisabeth King Allison.

Nel 1920 un’altra svolta decisiva nella vita del nostro personaggio. Dopo il riconoscimento del corpo di Annie Birkett, Harry Leo Crawford fu accusato di omicidio e portato in carcere. L’accusato, dopo molti interrogatori in cui comparì in tribunale sempre vestito da uomo, nel momento della sentenza scelse di presentarsi per la prima volta, dopo tantissimi anni, vestita da donna, anche perché, in caso di condanna, voleva la detenzione in un carcere femminile. Nonostante si sia sempre professato innocente, aveva capito che le cose stavano mettendosi male. E così fu: la sentenza sancì addirittura la condanna a morte. La pena fu poi commutata in ergastolo. “Fiendish man woman murderess” (Uomo diabolico donna assassino) titolò in prima pagina il giornale Truth di Sidney.

Dopo undici anni trascorsi nel carcere di Long Bay, sotto le reali spoglie femminili, Eugenia uscì di prigione per motivi di salute e iniziò una nuova vita con il nome di signora Jean Ford.

Ma le disavventure non terminarono qui, della serie “agli zoppi pedate negli stinchi”. Nonostante economicamente si era messa a posto, divenendo proprietaria di una pensione, il l 9 giugno 1938, mentre stava tranquillamente passeggiando nelle vicinanze della centralinissima Oxford Street di Sidney, Eugenia scivolò dal marciapiede e cadde sulla car-

      reggiata proprio nel momento in cui transitava un autocarro. L’impatto fu tremendo e la povera donna morì il giorno dopo per le ferite riportate al Sydney Hospital, all’età di 63 anni.  Il funerale della Falleni fu celebrato con l’ultimo nome che aveva assunto e fu seppellita alla sezione della Chiesa di Inghilterra del Rookwood Cemetery.

Fin qui la vita romanzata, ma incredibilmente vera, di Eugenia Falleni, poi  Harry Leo Crawford e infine Jean Ford, che, come abbiamo detto all’inizio, oltre ad essere riportata su vari libri, è stata alla base di un seguitissimo sceneggiato televisivo a puntate, trasmesso sia in Australia che Nuova Zelanda.

A questo punto, della nostra storia, manca un passaggio, quello di sciogliere il dubbio di come le due mogli (la prima addirittura ricca e bellissima) della nostra Eugenia/Eugeni Falleni in oltre sette anni di matrimonio non si siano accorte del vero sesso del loro “marito”.

Ebbene, il tutto fu svelato molto tempo dopo l’uccisione della prima consorte. Tra gli oggetti perquisiti, saltò fuori una valigia di pelle chiusa a chiave, che la o il Falleni teneva ben nascosta nella propria abitazione.

Una volta aperta uscì un “articolo” di legno e gomma, rilegato con un panno, a forma di fallo o dildo. “Ohhhhh” esclamarono i presenti.

La seconda moglie - interpellata - non volle crederci: continuò a ripetere che “lui” era un ottimo marito.

L’“oggetto”, è divenuto un reperto storico: classificato e catalogato, è tuttora esposto al Crime Museum di Sidney.

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