Editrice il Quadrifoglio
Livorno nonstop
Mensile di Attualità-Arte e Spettacolo rigorosamente Livornese
Federico Caprilli
IL RUBACUORI LIVORNESE INVENTÒ L'EQUITAZIONE MODERNA

Era bravo, anzi bravissimo, andava controcorrente per propensione naturale, forse perché era nato a Livorno, e soprattutto piaceva alla donne. Per questi motivi era molto odiato; dai superiori militari, dai mariti traditi, dalle donne abbandonate. Soprattutto la lista delle nobildonne amate gli procurò ostilità, anche in campo militare. Sono pochi a credere che sia caduto da cavallo mentre andava al trotto, riportando la frattura del cranio. E quegli spari che furono sentiti? E perché non fu ricoverato in ospedale? Ma partiamo dall'inizio.
Correva l'anno 1868, l'unità d'Italia era stata proclamata da poco e 1'8 aprile Federico Caprilli, anzi Federigo Olinto Caprilli come recita l'atto di nascita, nacque a Livorno in un bel palazzo di viale Regina Margherita, oggi viale Italia, da Enrico e Elvira Rossi. Una grande lapide, dal 1957, fa bella mostra di sé sulla facciata della casa natia.
Il padre Enrico morì di lì a poco e lo zio Olinto Caprilli fu nominato tutore di Ghigo (così lo chiamavano in famiglia) e dei fratelli Domenico, Ida e Elena. Riguardo al nome di battesimo va detto che all'anagrafe sta scritto Federigo, lui si firmava Federigo, ma tutti i suoi biografi lo chiamano Federico e anche sulla lapide in viale Italia sta scritto Federico, per cui anch'io lo chiamerò in tal modo. La madre convolò, presto, a seconde nozze con l'ing. livornese Carlo Santini, una brava persona, che per ragioni di lavoro portò tutta la famiglia a Roma, dove il nostro Caprilli iniziò l'esperienza scolastica dimostrando subito irrequietezza e indisciplina. Per correggerlo fu deciso di mandarlo al Convitto Comunale di Terni, nel 1878, lontano dalla famiglia. L'indisciplina rimase tuttavia immutata, ma tutti i compagni di corso gli furono amici, grazie alla sua simpatia e al suo ascendente.

A 13 anni entrò nel Collegio Militare di Firenze dove finì in cella di rigore per atti di indisciplina, suscitando stupore tra i commilitoni per il coraggio dimostrato nell'accettare la punizione. Nel 1884 apri un collegio militare a Roma e Federico potè riavvicinarsi alla famiglia. Montò a cavallo a 18 anni, praticamente per non scenderne più. Eppure alla scuola di cavalleria di Modena, nel 1886, non lo volevano ammettere perché era troppo alto! Per fortuna i candidati erano pochi, così fu deciso di accoglierlo al corso! Fu qui che incontrò il marchese Emanuele Cacherano di Bricherasio del quale diventò amico, una amicizia che durerà tutta la vita. In virtù di questo rapporto di solidarietà fraterna, al Caprilli si aprirono le porte dell'alta società. Federico, espressione della rampante borghesia, Emanuele appartenente alla vecchia aristocrazia, ma proiettato al nuovo, quindi alla politica e all'economia. Entrambi superarono il corso di Modena e furono assegnati al reggimento di cavalleria "Piemonte Reale", a Saluzzo, che poi si trasferirà a Torino.
A proposito dell'elegante ambiente di Torino, ecco cosa scriveva Carlo Giubbilei in Caprilli. Vita e scritti: "Ai brillanti dragoni si schiudevano i salotti più aristocratici, a lui che aveva solamente ventitré anni ed era bello, forte, giocondo, sorgeano dinanzi cento e cento tentazioni... Amava il moto e lo sport, ammirava le belle donne, sentiva l'ammirazione nelle naturali loro civetterie che si palesavano con tutte le più sviluppate attrattive verso di lui ed era naturale che si lasciasse vincere da qualche tentazione. Appassionato per il ballo, accettava gli inviti alle
feste durante le quali le spire della danza lo teneano continuamente in loro potere".
Caprilli, a Pinerolo, acquistò per pochi soldi, dalla scuderia di Enea Gallina, un cavallo che nessuno voleva perché aveva avuto una pessima istruzione, cosicché non intendeva più essere montato. Si chiamava Sfacciato e, con lui, Caprilli, durante una esercitazione in collina, saltò un fosso che nessuno del reggimento osò saltare. Con Sfacciato si concesse lunghe cavalcate in campagna (altro che la scuola di maneggio!) e anche il salto di enormi siepi e addirittura barriere di sciabole sguainate nel cortile della caserma. Concepì un nuovo modo di rapportarsi con il cavallo. Tanto per cominciare modificò la posizione in sella per far sentire meno il peso del cavaliere, quindi sostituì il "morso" con un filetto per comandare dolcemente il cavallo, tenendo allentate le redini.

Insomma, per Caprilli un cavallo lasciato libero e assecondato nei suoi movimenti nella corsa e nella parabola del salto poteva raggiungere risultati incredibili. Aveva inventato il "metodo naturale" che diventerà il nuovo regolamento di equitazione, adottato poi in tutto il mondo. Più tardi, salterà gli ostacoli disteso sul collo del cavallo e sarà un'altra rivoluzione, perché fino ad allora si saltava col corpo all'indietro e tirando le redini. L'establishment militare lo denigrò per molti anni e considerò quelle novità un'offesa al decoro militare. E lui? Lui vinceva quasi tutte le gare cui partecipava facendo ricredere i molti che lo avversavano.
Inutile dire che ai concorsi ippici gli occhi delle nobildonne erano tutti per lui. Ma Federico praticava anche la caccia alla volpe, secondo la moda del tempo e qui conobbe Elena d'Orleans, duchessa d'Aosta. Certo, i flirt con donne dell'aristocrazia non furono graditi dalla Casa Reale e gli crearono problemi con i superiori, in primis Luigi Cadorna (quello di Caporetto!), con l'ovvio risultato che ebbe pochi riconoscimenti. A Parigi, Cleo de Merode, la più famosa ballerina del tempo, amante di re Leopoldo del Belgio, cadde fra le sue braccia. Si concesse al Caprilli anche la principessa Maria Letizia di Savoia, vedova di Amedeo, fratello del re Umberto. Sarà lei a fargliela pagare quando si accorse di essere tradita. Caprilli venne mandato in punizione a Nola, sede del reggimento "Lancieri di Milano". In questo periodo di "confino" si legò a Elena d'Orleans, duchessa d'Aosta, bellissima, che aveva incontrato, come sopra detto, durante una caccia. Tuttavia proprio qui a Nola, lontano dai riflettori, accadde che Caprilli conquistò la fiducia dei superiori del luogo che decisero di applicare il suo metodo di cavalcare e in breve i lancieri di Nola diventarono un reparto efficientissimo. Caprilli ai concorsi battè nientemeno che i dragoni di Pinerolo.
Intorno a lui diminuì l'ostilità dei superiori. Ora cavalcava Pouff col quale vinse in Italia e all'estero. Con Melopo, nel 1902, fu campione del mondo al Concorso Ippico Internazionale di Torino saltando l'asticella a 2,08 e a chi si complimentò con lui rispose, con spirito tutto livornese: "Sono molto soddisfatto, è chiaro. Ma lo fui molto di più quando saltai 1,60 con Bagongo, a Modena, nel 1898. Bagongo era un maremmano che avevo comprato da un vetturino. Tirava la carrozza!".
Fu promosso capitano. Intanto avevano numerosi successi anche i suoi allievi, sia nella corsa che nel salto in alto. Da tutto il mondo vennero a lezione da lui. Si parlò ormai, apertamente, di affidargli il comando della scuola di cavalleria.
Il 6 dicembre 1907 andò in treno a Torino per un appuntamento amoroso con un'attrice di teatro che andava per la maggiore, Vittoria Lepanto. Ma Vittoria non arrivò per un contrattempo e Caprilli decise di andare dal suo amico Gallina dal quale aveva comprato, anni prima, Sfacciato.

l Gallina gli fece vedere un morello, rifiutato da Elena d'Orleans, la sua ex, che nessuno voleva perché ribelle. Caprilli lo fece sellare e si allontanò al passo. Dopo pochi minuti il morello ritornò senza il cavaliere. Che cos'era successo? Federico era caduto, si era fratturato il cranio, morì il giorno dopo senza riprendere conoscenza. L'ipotesi di una vendetta prese subito corpo. Un cavaliere come lui che cade da cavallo? Al trotto? Ma quegli spari sentiti? E perché non fu portato in ospedale? Un giallo, ma non ci fu nessuna inchiesta e nemmeno funerali solenni. Venne cremato e le sue ceneri collocate a Fubine, presso Alessandria, nella cappella che ospitava già l'amico conte Emanuele di Bricherasio, morto, forse suicida, a 36 anni. Nella lapide fu scritto: "Fridericus Caprilli Magister Equitum". Nel testamento, redatto appena un anno prima all'età di 38 anni, Caprilli scrisse di bruciare il baule dove erano raccolte tutte le lettere delle sue donne.

