Federico Parlanti.

6 Feb 2024 | Autore: Marco Rossi, PERSONAGGI

Ho conosciuto Federico Parlanti, allora un giovane down, vent’anni fa, nel 1997: aveva ventun’anni ed aiutava la parrocchia di Antignano a far il proprio mensile, Il Moletto.  Poco prima si era distinto in una piccola recita in cui impersonava Gesù che non veniva riconosciuto da un gruppo di cresimandi. Per il periodico parrocchiale conducemmo una chiacchierata da cui emerse che, quando assisteva a qualche spettacolo naturale molto bello o comunque provava delle forti emozioni, letteralmente gli si slargava il cuore… Non era chiaro quanto avesse coscienza del suo stato particolare, anzi sembrava che rifiutasse il tema ed io mi guardai bene dall’approfondire la cosa.


Recentemente l’ho rivisto in tv protagonista dello spettacolo Up & Down – Un film mormale della compagnia livornese Mayor Von Frinzius (un laboratorio formato da attori diversamente abili e non, condotto dal regista Lamberto Giannini) e Paolo Ruffini.
Avevo già scoperto da tempo che quel ragazzo un po’ strano era divenuto famoso per il suo saper stare in scena e dopo averlo addirittura osservato in tv ho deciso che era il momento di verificare se il successo gli avesse dato alla testa. Detto fatto, grazie alla sorella Michela, che pure conosco da anni, ci siamo incontrati ed è nata la seguente intervista col supporto della sorella su date e dettagli.

Il Moletto di vent’anni fa?
Certo e mi ricordo anche della scena che organizzasti coi bimbi della Cresima.
– Ne è passato di tempo, eh? Vedo che ti son venuti pure dei capelli bianchi.
Già, invecchio anch’io.
– In questi vent’anni sei diventato una star: come t’ha cambiato la fama?
Non lo so, forse adesso mi riconoscono tutti e mi chiedono anche l’autografo.
– Te l’aspettavi?
Non lo so, è tutto merito di Lamberto (Giannini, ndr).
– Pensi di essertela meritata?
Non lo so.
– Perché rispondi sempre con Non lo so?
Boh, non lo so, mi viene e basta.
– Non è che dire Non lo so

ti costa meno fatica invece di descrivere le tue sensazioni?
Si, forse è così.


– Come sei divenuto attore ‘professionista’?
Accompagnando a scuola mio nipote Lorenzo ho conosciuto i genitori del suo amico Jacopo (figlio di Lamberto Giannini, ndr) e suo padre mi ha chiesto se mi andava di partecipare alla sua compagnia teatrale. Poi è giunto Ruffini e sono arrivato in tv.
– Perché te e non  altri?
Boh?
– Cosa ti differenzia dagli altri?
Niente: nella compagnia (Mayor von Frinzius, ndr) siamo tutti uguali.
 – Anche i down?Si, certo.-
Come ti senti rispetto a loro?
All’inizio non ne volevo sapere.
– Perché?Quando Michela mi portò al Mulino (la cooperativa fondata dal dr. Daniele Tornar per l’integrazione dei soggetti Down. ndr) non ci volevo andare perché era pieno di tipi strani.
Poi ho capito che forse eravamo tutti uguali.
– Tu ti senti uguale?Forse ho gli occhi un po’ a mandorla.
– E cosa vuol dire?Che forse anch’io assomiglio ai down.
– Sei un po’ down anche te, insomma?Si, ma leggermente.
– Ma cosa vuol dire down?Di preciso non lo so, ma credo che riguardi qualcosa di molto piccolo dentro di noi: qualcuno ha come una piccola virgola storta.
– Anche te hai questa piccola virgola storta?
Si.
– E la cosa ti preoccupa?
No di sicuro.
– Un tempo mi pareva avessi delle idee leggermente diverse.
Come vedi mi son venuti dei capelli bianchi, anche se pochi.
– Insomma sei cambiato.
Si.
– Anche prima del successo?
Si.
– La notorietà, invece come ti ha cambiato la vita?
Adesso qualche volta mi chiedono l’autografo. Ed una volta mi hanno intervistato col microfono. Pensa che sono andato anche in aereo (per la Sicilia, ndr).

– Descriviti per chi non ti conosce.
Sono nato nel 1975, mio padre si chiamava Ugo ed è morto a 53 anni quando io ne avevo 8. Mamma, invece, si chiamava Luana Sorbi ed è morta nel 2017 a 77 anni. Dopo la morte di babbo ci è stata vicina anche zia Diva (sorella di Ugo, ndr). Ho solo una sorella, Michela, che, alla morte di mamma, mi ha preso in casa con se’.
– Adesso in quanti siete?
Oltre a Michela c’è suo marito Alessandro (Longobardi, dipendente CNA, ndr) ed i 4 figli: Giulia di 16 anni…
Come 16? – interviene Michela – ne ha 22. Ah si, è vero, poi c’è Francesco di 16 anni.
E dai – interviene nuovamente Michela – ne ha 19.
Ah si, è vero, poi c’è Lorenzo.
– Anche lui 16 anni?
Noi lui no.
E invece Lorenzo ha proprio 16 anni – è il terzo intervento di Michela.
E’ vero, ma i numeri non mi piacciono proprio. Infine c’è Maria di 13.

– Vai d’accordo con tutti?Si.

– Anche con tuo cognato?All’inizio no, ma ora si.- Perché all’inizio no?Boh, forse ero geloso.

– Insomma ora hai 43 anni.

Eh si.

– E com’è la tua giornata media?
Faccio molto sport, judo e piscina, quindi aiuto Michela in casa e poi c’è il lavoro al Mulino ed in teatro.
– Ti costa fatica il teatro?
Devo ricordare le battute e non sempre è facile perché ho poca memoria.
– Lamberto, che è regista, ti aiuta?
Lui è duro, sai. Vuole che ci impegniamo tutti molto a rispettare le regole.

– Non ti sembra giusto?
No, è giusto, le regole ci vogliono.
– Sei single?
No: alla fine ce l’ho fatta ed ora sono fidanzato con Martina che ha 12 anni meno di me.
– Complimenti. E’ stato il tuo primo amore?
No, prima ne ho avuta un’altra ma era troppo giovane.
– Hai intenzione di sposarti, con Martina?
Si, appena possibile. Ed avremo due figli: uno normale ed uno down.

– Tutti e due maschi?
Si, li chiameremo Andrea, quello normale, e Christian, quello down.
– Cosa ti aspetti dal futuro?
Una famiglia con Martina.
– Alla morte ci pensi mai?
Solo qualche volta.
     – E ti fa paura?
No, perché magari dopo rivedrò mamma.
– Ti manca, eh?
Si.
– Senti di dover qualcosa a qualcuno? Se si a chi?
Al Mulino, alla Frinzius, a Ruffini ma, soprattutto a Michela.
* * *
Qui è stato d’obbligo coinvolgere personalmente la sorella.
– Michela, quattro figli: tutti voluti od alcuni sono semplicemente venuti?
Tutti voluti.
– Perché?
Come testimonianza dell’affermazione della vita anche sul dolore che con mamma c’era andato giù duro (vedova giovane con un figlio down e poi un tumore trentennale, ndr).
– Almeno in attesa del primo hai avuto qualche timore sul rischio down?
Certamente ma, dopo gli esami necessari, io ed Alessandro non volemmo altri approfondimenti come l’amniocentesi perché, tanto, se fosse venuto un down l’avremmo accettato.
* * *
Chiusura d’obbligo con Federico.
– Cosa vuoi dire a chi è stato meno fortunato di te?
Che siamo tutti uguali: non c’è grande differenza fra i normali ed i meno normali.



Come capirete non è stata un’intervista facile, soprattutto ricordando quanto, vent’anni fa, Federico non sopportasse i cosiddetti mongoloidi e non sapendo, quindi, come affrontare l’argomento che peraltro era imprescindibile.
Ma che me ne frega a me dei down – ci ha raccontato Federico che gli dice un’attrice nel corso di una scena di uno spettacolo della Mayor von Frinzius, con lui che gli risponde: Se non ero down non ero qui.
In una società dominata dall’ipocrisia e dal “politically correct”, una bella lezione, no?