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E' spuntato un nuovo gazebo, ma ha 142 anni di storia

Ora è ben visibile allungando lo sguardo dai Tre Ponti verso il campanile della chiesa di San Simone

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L'abbattimento di alcuni pini e il taglio dei canneti lungo il rio Ardenza a seguito della tragica alluvione di due anni fa, hanno messo in mostra un "gioiellino" che ora è ben visibile per chi percorre il viale di Antignano verso la rotonda d'Ardenza. Proprio all'altezza dei Tre Ponti (anche se adesso sono cinque), volgendo lo sguardo verso il tracciato del rio Ardenza, prima ancora del campanile della Chiesa di San Simone, appare agli occhi dei livornesi un austero gazebo in pietra, ancora in buone condizioni, che si porta dietro ben142 anni di storia, conosciuto solo dai collezioni di cartoline d'epoca ma ignoto alla stragande maggioranza dei cittadini, anche perché collocato all'interno di una proprietà privata. Costrui­to nel 1877 nel parco di vil­la Gioli, poi Sanromero, nell'attuale via Antonio Pacinotti, rappresentava il punto di ritrovo e di incon­tro dell'alta nobiltà di allo­ra. Qui si radunavano dame e cavalieri per l'ora della colazione o del tè, qui si svolgevano accaniti gio­chi con le carte, gli scacchi, la dama e il domino, che proseguivano fino a tardi. Non mancavano gli spetta­coli musicali con apposite orchestrine ad allietare i pomeriggi e le serate calde dell'estate, godendo dell'ambiente ardenzino che in quel periodo era tra i più rinomati della Toscana, con richiamo di molti villeggian­ti, anche fuori regione.
 
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Il gazebo, ricoperto di con­chiglie e gusci calcarei, compresa la scoria della la­vorazione del corallo, ade­guatamente finestrato, era il punto più alto di una co­struzione semicircolare, uni­ta a destra e a sinistra da

due dritte ali, complessiva­mente per un centinaio di metri, che, con il muro ester­no alto 2-3 metri, ne delimi­tiva il parco e la proprietà della villa. Costruito sopra una ampia grotta con tre in­gressi dove i frequentatori erano soliti frescheggiare, alle rampe di accesso sono poste due coppie di leoni in terracotta di grandezza qua­si naturale, luogo preferito dai bambini per salire a ca­valcioni sugli stessi. La co-

struzione, formata da varie nicchie ornate da fontanel­le con lavabo, era pure com­pletata da una piccola va­sca semicircolare, elegante­mente racchiusa con una ringhiera in ferro, con alle spalle una bella statua di Ve­nere. I vialetti di accesso erano ornati da altri leoni e da piccole statue (busti) e vasi decorativi a forma di coppa, mentre negli slarghi prendevano alloggio elegan­ti tavolincini e sedie, tutti

ben lavorati in ferro. Nelle cartoline d'epoca il complesso era indicato come Grotte e Montagnola.

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Il gazebo, come detto, risa­le al 1877, come evidenzia­to dalla targa apposta sotto la volta principale, ma Villa Gioli fu edificata qualche anno prima, precisamente nel 1873, su un vasto terre­no di 1699 mq., su un ramo dell'allora via della Torre (così denominata per la vi­cinanza della torre medicea di avvistamento che era posta all’altezza dell’odierno circolo del Gabbiano), oggi via Pacinotti.  Il frontale della palazzina è caratterizzato da una facciata con timpano ed orologio (tanto da essere conosciuta anche come Villa dell’orologio) ed arricchito da cariatidi, statue (compresa un’altra coppia di leoni) e vasi in terracotta. Ancor più elegante la parte retro dell’edificio (non visibile dalla strada) con due scalinate curve che si abbracciano centralmente in una ampia terrazza balaustrata.  Un’altra terrazza ancora più ampia è posta al secondo piano.
Pochi anni dopo la proprietà di Giovanni Gioli passò a Giobatta Sanromerio e poi alla di lui figlia Ida. Seguirono altri passaggi di proprietà e tra gli ospiti di questa villa ci fu anche il fiorentino Delfino Cinelli (1889-1942) che qui si ispirò per il suo romanzo Ardenza, edito da A. Mondadori, scritto un anno prima della sua improvvisa morte.
Con gli anni la villa subì radicali trasformazioni anche se l’aspetto esterno è rimasto lo stesso. Gran parte del  parco, che conteneva anche una serra e un’ampia vasca, ha invece lasciato spazio ad una moderna costruzione. E’ rimasto il complesso del gazebo, oggi abbandonato, che ha quindi perduto il fascino di un tempo.

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