Editrice il Quadrifoglio
Livorno nonstop
Mensile di Attualità-Arte e Spettacolo rigorosamente Livornese
Gli anni Sessanta a Livorno
Dagli scontri durissimi con i paracadutisti al completo recupero di via e piazza Grande, dal mitico
trenino per Tirrenia alle sale da ballo, dal consistente aumento di auto alla contestazione studentesca

Nello scorso numero di settembre si è detto che il "miracolo economico" portò in tante case, a rate, il fornello a gas, la TV, il frigorifero, la lavatrice, la 500 o 600 che potevi parcheggiare sotto il portone di casa tranquillamente e la potevi guidare senza cinture di sicurezza e senza airbag. E la vespa e la lambretta? Senza casco, che bellezza! Certo, tutto con le cambiali, mentre l'ECA continuava a dare pasti caldi ai propri iscritti. Infatti c'era ancora tante gente, lontana dal benessere, che viveva in alloggi precari, nelle baracche, infestate dai topi, in Fortezza Nuova, ai Bottini dell'Olio, a Coteto, in piazza G.M. Lavagna, dove anche per Natale o Pasqua, a tavola, si festeggiava sempre e comunque san sughero. Sì, con le iniziali minuscole.
Intanto molti abitanti dell'arretrato sud continuavano a trasferirsi, in massa, al nord in cerca di occupazione (a Milano + 25% di abitanti, a Torino + 43% in pochi anni) e il Paese si avviò a trasformarsi da agricolo a industriale con il PIL che cresceva sopra il 3% annuo, grazie al basso costo della mano d'opera. Tutto tranquillo? Nemmeno per sogno. Anche se su molte tavole degli italiani arrivò la carne, il prosciutto e i latticini, i giovani diventarono un soggetto politico nuovo e autonomo e la loro protesta, nata nelle università, investi la società, la cultura. La lotta all'autoritarismo dilagò nelle scuole, nei partiti, nella famiglie e perfino nella Chiesa. I giovani chiedevano una concezione più democratica nelle relazioni interpersonali e contestavano il consumismo, che si andava affermando con il boom economico.
Ma andiamo con ordine. Il 1960 era cominciato male a Livorno con scontri durissimi, nati per futili motivi, in centro tra civili, polizia e paracadutisti in tre giorni terribili, dal 19 al 21 aprile. Oltre 70 persone arrestate. Poi gli animi si placarono per gli interventi del sindaco Nicola Badaloni (in carica dal 1954 al 1966), del vescovo Andrea Pangrazio (dal 1959 al 1962) e di altri politici locali.
Al Cantiere Orlando si stava predisponendo un nuovo assetto che prevedeva un forte ridimensionamento della nostra più grande fabbrica cittadina, tanto da prevedere una sua chiusura nel breve tempo. Tuttavia la lotta intrapresa dai lavoratori e dall'intera città si concluse con un onorevole accordo nell'ottobre 1962, sottoscritto dal governo e dall'IRI. C'erano già tante televisioni nelle case, ma molti livornesi, nei primi anni sessanta, continuavano a guardarla nei bar, nei circoli, nelle parrocchie ecc. A partire dal 1960, e fino al 1968, ebbe inizio Non è mai troppo tardi , trasmissione condotta da Alberto Manzi, che insegnava a leggere e scrivere agli analfabeti i quali avevano superato l'età scolare. Andava in onda dal lunedi al venerdi, per mezz'ora.


Insomma, quando si dice che la TV insegnò la lingua italiana si dice il vero. La sera del 12 aprile 1961 il telegiornale disse che Yury Alexievic Gagarin (19341968) aveva fatto il giro della terra su una nave spaziale. Era il primo uomo nello spazio! "Mi sento bene" disse all'atterraggio in un tripudio di evviva e, ovviamente, di bandiere rosse. Poi aggiunse "Voglio andare su Venere e su Marte (sic!); penso che non bisognerà aspettare molto per volare sulla Luna". E invece sulla luna arrivarono prima gli USA; quella notte del 21 luglio 1969 fu veramente commovente vedere in TV Neil Armstrong (1930-2012) e Buzz Aldrin (1930-viv.) camminare sul suolo lunare. Ma quanti milioni eravamo a guardare la TV quella notte? Ah, qualcuno dice che quell'allunaggio fu tutto un bluff, ma attenti a dirlo a Aldrin, quello mena. Due mesi prima dell'impresa di Gagarin, il 15 febbraio 1961, assistemmo in Italia all'eclissi di sole che a Livorno e all'isola d'Elba fu totale. Non esiste nessun video o fotografia che riesca a rendere appieno la bellezza di quei due minuti, vissuti da chi quell'eclisse la vide guardando il cielo. Muniti di lenti affumicate, sul lungomare o a Montenero o semplicemente sul terrazzo di casa, tutti, o quasi tutti, col naso all'insù, mentre un brivido di freddo ci attanagliò la schiena, quando con l'eclisse ritornò tra noi il buio, intorno alle 8,30.
In quell'amo ci furono anche i festeggiamenti per il primo centenario dell'unità d'Italia che noi giovani di allora seguimmo con interesse, mentre voltammo le spalle a tutti quei giornali che raccontavano, con dovizia di particolari, la storia d'amore della Callas e Onassis.
Con gli anni sessanta nacquero i cantautori e con essi si dette l'addio (era l'ora!) alla mielosa rima cuore/amore. A Livorno c'era Piero Ciampi (1934-1980, Piero Litaliano) poeta e cantautore fino all'ultimo minuto, ignorato, troppo inquieto e schiavo della inseparabile bottiglia. E a proposito di grandi livornesi, il 4 marzo 1964, alle 9,30, nacque Paolo Virzì e l'immenso Giorgio Caproni era ancora un carneade anche se aveva già scritto, nel 1959, Il seme del piangere. Più conosciuto a Livorno, tra i viventi, Riccardo Marchi che abitava in via Carlo Meyer, ma i più amati erano Renato Natali, Galliano Masini e il buon Beppe Orlandi che ci lasciò il 13 agosto 1963, mentre Gino Romiti salutò il 19 settembre1967. Carlo Azeglio Ciampi, futuro Presidente del Consiglio e, poi, Presidente della Repubblica, già lavorava alla Banca d'Italia in quegli anni. Di Armando Picchi ne abbiano parlato diffusamente nel luglio scorso; spiccò il volo in quel decennio, poi gli fu tolto tutto maledettamente alla svelta. In quegli anni si assistette al recupero completo della piazza Grande e della via Grande, con i suoi loggiati, e lì si spostò il viavai della gente, a scapito della via Magenta, con numerosi eleganti negozi e con insegne luminose che facevano bello il centro. Forse l'insegna più bella era quella, a bandiera, del cinema Gran Guardia, con il braccio in tre diverse posizioni che invitava i passanti a entrare al cinema.


E che dire dell'insegna Stock, su un tetto di piazza della Repubblica, che potevi vedere anche da piazza Colonnella? Dalla Gelateria Popolare sul Voltone (che gelati! E il frappè?) scendevi giù lungo piazza Guerrazzi verso Torricelli (a sinistra il ristorante Da Norma di Otello Bacci, ritrovo degli artisti che calcavano il Gran Guardia), poi il mobilificio Gigante (con quattro piani di esposizioni), quindi l'albergo Giappone, la libreria Belforte, La Comba, il negozio di dolciumi Talmone, il cinema teatro Gran Guardia, il Gambrinus, mentre dall'altro lato apprezzavi l'UPIM, con le sue tante vetrate, Vittadello, la farmacia
Galeno, Mina, negozio di biancheria con la sua bellissima insegna, a bandiera -così come quella altrettanto gigante di Gondrand - la tintoria Rossi, il bar Sole. Sopra, l'Istituto Meschini e lo Studio Arrigo Melani. Intorno al Duomo, da un lato la pizzeria Lilli, Cuccuini, la Singer, la chiesa di S. Giulia, dall'altro lato la Cassa di Risparmi di Livorno; "il nobile interrompimento" nel mezzo della piazza, fin dal 1951. Incamminandosi verso il porto, la via Grande annoverava importanti ed eleganti negozi come le Giubbe Rosse, Kotzian, Giraldi, il mobilificio Giannetti, Formichini, dove vedevi i bambini col naso appiccicato alle vetrine ad ammirare i giocattoli. Il centro sembrava Las Vegas. Insomma, a Livorno non si friggeva con l'acqua. Qualcuno dirà: "Ma i cieli stellati?" Tranquilli, ci piacevano anche quelli.


Durante le feste natalizie anche gli edifici erano illuminati a giorno e in piazza Cavour c'era l'albero di Natale, sempre altissimo, dove venivano portati i doni ai vigili urbani.
Per questo erano chiamati i natali del vigile. Durante le vacanze natalizie, ma non solo, era d'obbligo una gita da A.R.D.E. S. (Azienda Rappresentanze Depositi E Stime), in corso Mazzini, dove il disordine era al massimo grado, ma ci trovavi qualunque cosa. Garantito. Magari ti facevano aspettare un po', ma ti portavano quello che avevi richiesto. Come facevano i proprietari e i commessi a trovare gli oggetti in quel bailamme resta un mistero! Di fronte ad ARDES, la mitica Pasticceria-Bar Valtriani. C'erano ancora i filobus con il bigliettaio, ciò che garantiva non solo il pagamento del biglietto, ma quando saliva una persona anziana o una donna incinta il bigliettaio invitava, chi stava seduto, a cedere il posto. Di lì a poco giunsero gli autobus (con la guida a destra), ma sempre con l'addetto alla vendita del ticket. A sud cresceva il quartiere Fabbricotti che fu dotato di una scuola elementare, la Pilo Albertelli. In virtù di una maggiore attenzione all'istruzione, una nuova scuola elementare nacque a Montenero, a metà della salita, poi la nuova sede dell'IPC Colombo nel 1961, quindi la scuola media Pazzini, la sopraelevazione delle Campana nel 1962 e, finalmente, un bella nuova costruzione per il Nautico "Cappellini" nel 1964, oltre ai nuovi blocchi dell'ITI. Cresceva anche il nuovo quartiere La Rosa grazie alle Case Popolari, all'Ina Casa e all'Incis. In quel periodo si costruiva la Sinagoga (posa della prima pietra 25 aprile 1958, inaugurazione 23 settembre 1962) e per noi studenti dell'Istituto Tecnico Commerciale e del Liceo scientifico, lì a due passi, era un problema seguire le le zioni. Avevi voglia di chiudere le finestre... quattro, cinque ore di rumori e perfino gli odiosi drr drr dei martelli pneumatici; poi andavi a casa, ah bene!
La sera dopo le sei, noi giovani si andava in centro a fare le vasche, così si chiamava l'andare in su e in giù da Torricelli in fondo a via Grande, di fronte al Picchetto, fino al negozio La Comba, all'Attias. Le chiacchiere con gli amici, le luci dei negozi, i primi turbamenti per la bimba che ti piaceva, ma cosa potevi voler di più? Se poi avevi qualche soldo in tasca ti prendevi la pizza in via Sardi oppure da Lilli in piazza Grande.
Non tutti i giovani erano impegnati politicamente, è chiaro, così la maggioranza dei giovani, la domenica, era occupatissima in cose "futili" dicevano quelli "impegnati". La mattina, la partita di calcio al Mastacchi oppure al Gymnasium, quindi doccia e pranzo alla svelta per andare a ballare. Eppure non si sentiva la fatica. A molti non piaceva il ballo, però era l'occasione per stare con le ragazze o con i ragazzi. Dove si ballava? Anche qui è bene essere chiari, molto, anzi, tutto dipendeva dal portafogli. C'erano quelli che andavano all'Hotel Palazzo, all' AstoHa, a il Caminetto di Tirrenia (poco dopo anche al Ciucheba di Castiglioncello), altri ai più economici Il Paiper (non Piper, per una questione di copyright) del circolo Arena Astra, il Papiro, gli Atleti ecc.
Si ballava molto nelle case, dove si liberavano le stanze dai mobili, però lì c'erano i genitori che facevano capolino sul più bello (quando si spegneva la luce) e ti rovinavano la festa. Meglio i seminterrati o le soffitte.
Il twist, certo, anche l'hula hoop, per un po' di tempo, ma soprattutto i balli lenti. Quei balli lenti, stretti stretti, con la bimba che più ti piaceva furono marchiati, a fuoco, sulla pietra. Un messaggio per l'eternità!
Se il pomeriggio non era andato come volevi, si rientrava a casa con nelle orecchie una canzone tristissima che cantava Neil Sedaka:"Questo per me è un giorno inutile ...". Era finita la domenica e tra poche ore dovevi tornare a scuola. D'accordo, d'accordo. L'uomo aveva messo piede sulla luna, Barnard a Città del Capo aveva fatto il primo trapianto del cuore, si diceva che l'Olivetti aveva creato il primo personal computer, Natta era premio Nobel per aver inventato la plastica, però, caro mio, domani ... a scuola e senza tanti discorsi, dicevano i genitori. Come potevano non proliferare le firme false sul libretto delle giustificazioni? Fu legittima difesa.


Alla fine del 1966 il grattacielo di piazza Matteotti, progettato nientemeno da Giovanni Michelucci, dopo dieci anni di gestazione fu completato.
Di lì a poco, nel 1968, la famiglia Bossio, proprietaria della villa Attias (già proprietà dei Rodocanacchi e degli Orlando), vendette l'immobile a una società che procedette alla demolizione della stessa, al fine di consentire il completamento del centro direzionale Attias. E la Venezia? Fino ad allora poco era stato fatto, ma di lì a breve i privati avrebbero iniziato la ristrutturazione degli edifici bombardati, mentre non trovarono conveniente salvare la casa natale di Mascagni e del Fattori. A questo riguardo una corrente di pensiero ipotizza ancora oggi la assoluta necessità di un intervento pubblico.
Il consistente aumento del numero delle macchine in circolazione faceva scrivere a II Telegrafo che la città stava assumendo un aspetto caotico "simile a quello delle grandi metropoli". In effetti erano aumentate assai le concessionarie di auto a Livorno, ma il giornale locale esagerava. Certamente il traffico in centro era cresciuto, ma le metropoli erano un'altra cosa. Oltretutto il quadrilatero via Magenta, via E. Rossi, via Ricasoli, corso Amedeo consentiva varie soluzioni.
Vecchi e giovani, eravamo felici anche senza il cordless o il cellulare o intemet e gli smartphone. Non c'era nem-
meno la TV a colori, però apparve per la prima volta Diabolik, vuoi mettere? Al cinema arrivarono Psyco di Alfred Hitchock, poi Il sorpasso di Risi, quindi il primo film di James Bond "Agente 007 Missione Goldfinger". E dove vogliamo mettere "Il Gattopardo" di Luchino Visconti, tratto dal libro di Giuseppe Tornasi di Lampedusa? ("Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi" dice al principe di Salina il giovane Tancredi, innamorato di Angelica, una bellissima, straordinaria Claudia Cardinale). E "Il Laureato", con quella scena finale dove Benjamin (Dustin Hoffman) tira via a forza dall'altare Elain Robinson, un attimo prima del fatidico sì a un altro uomo? E "8 e mezzo" di Fellini"? "Marcello come here", la sequenza cult nella fontana di Trevi. Poi Stanley Kubrick con "2001 Odissea nello spazio" e quella colonna sonora da brividi!
D'estate tutti al mare. A Calambrone e a Tirrenia, ogni metro di spiaggia era occupato, ma la stessa cosa avveniva a sud verso Quercia-nella e Castiglioncello. Chi non va al mare a Livorno? E la sera arrivavano i migliori cantanti del momento al Tennis Club di Tirrenia o ai Pan-caldi, ai Fiume ecc.: Adriano Celentano, Rita Pavone, Peppino di Capri, Marino Barreto, Gianni Morandi ecc.
In quel periodo nacquero tanti complessi musicali locali, ne ricordo alcuni, I Reduci, Le Mummie, I Modi, I Giaguari, I Satelliti ecc.
Il trenino (che meraviglia!), la nostra metropolitana in superficie, che andava da Barriera Margherita a Tirrenia, fece la sua ultima corsa il 15 settembre 1960. Dava noia alle auto e alle due ruote. Era un pericolo, scrisse anche il Telegrafo e la sera, al buio, l'arrivo del trenino ai passaggi a livello incustoditi, con quei fanali, agitati dal personale disceso dal convoglio, portavano alla mente il Far West! Capito? Far West!


Comunque non si ha notizia di cittadini che si sdraiarono sui binari per protestare contro la pericolosità del trenino e, per la verità, nemmeno manifestazioni di protesta per la soppressione. Insomma, i livornesi, zitti zitti, si attrezzarono per andare al mare in altro modo. "Dè, 'un vorrai mia che 'un si vada al mare, eh?" . D'altra parte, è risaputo, che al mare il livornese si sente riavere. E poi, udite, udite, la Corte Costituzionale cancellò il reato di adulterio nel 1968. La storia extra coniugale tra Fausto Coppi, il Campionissimo del ciclismo, e la Dama Bianca aveva scandalizzato, negli anni cinquanta, l'Italia. La Dama Bianca, accusata di adulterio e abbandono del tetto coniugale dal marito, fu portata nel carcere di Alessandria, cella n° 7, e i figli minorenni (!) furono interrogati dal giudice. Fin qui le leggi scritte di quel tempo, poi i comportamenti (non migliori delle leggi) di certa gente. Durante una gara ciclistica apparve uno sciagurato, disumano, cartello dove stava scritto "Viva Marina, abbasso Faustino" . Marina era la figlia di Fausto Coppi, avuta dal matrimonio con Bruna; Faustino "il figlio della colpa", nato dal nostro più grande campione del ciclismo
e la Dama Bianca. Incommentabile !
La musica, che esprimeva il "sentire" dei giovani "impegnati", impazzava nel mondo, anche qui da noi, ed il messaggio era di ribellione a "un mondo vecchio che ci sta crollando addosso ormai, ma che colpa abbiamo noi!" dicevano i The Rokes.
Con i Beatles, i Rolling Stones e Bob Dylan nacque la moda dei capelli lunghi, dei pantaloni di jeans, dei giacconi, poi dei jeans scoloriti. Molto giovani misero al bando la giacca, la cravatta, i pantaloni con la riga in mezzo. Poi nel '66 arrivò dall'Inghilterra la mini gonna che suscitò grande scandalo.
"Se sono tornata a te, ti basti sapere che, ho visto la differenza tra lui e te, e ho scelto te": era Caterina, Caterina Caselli, casco d'oro, con un chiaro messaggio di parità tra i sessi.
Morandi, invece, cantava una canzone (C'era una ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones) dove un giovane che amava, appunto, i Beatles e i Rolling Stones morì in Vietnam. "Nel petto un cuore più non ha, ma due medaglie o tre". Alcune parole di quella canzone vennero censurate dalla RAI.

Furono gli anni della contestazione, come accennato al-l' inizio, ma non contestazione in qua e in là, bensì di protesta globale. Partì dall'università di Berkeley, in California, per diffondersi in tutto il mondo. E così avemmo la ribellione di popoli interi, degli uomini di colore contro i bianchi (I have a dream), degli studenti contro le cattedre, dei figli contro i genitori, perfino dei fedeli contro i vescovi. La rivolta assunse toni di violenza dura a Parigi (il maggio francese) e poi forme di grave degenerazione negli anni settanta e ottanta, anche in Italia..
A Livorno la contestazione studentesca fu vivace ma non cruenta, almeno non come da altre parti, e l'uso dell'assemblea assai diffuso nelle scuole superiori.
Si rivendicava l'assemblea d'Istituto e il nostro centro cittadino vide spesso cortei di studenti di ogni scuola superiore con cartelli e cori di protesta. Si occuparono anche le scuole, interrompendo le lezioni. La polizia, su richiesta del preside, intervenne all'ITI, l'istituto dove la ribellione fu più consistente, al fine di sgomberare la sede e garantire la regolarità delle
lezioni.