Editrice il Quadrifoglio
Livorno nonstop
Mensile di Attualità-Arte e Spettacolo rigorosamente Livornese
Gli anni ottanta a Livorno
A Livorno c’erano tanti cinematografi negli anni ottanta. La domenica erano affollatissimi e quando proiettavano film di gran successo talvolta rimanevi in piedi, spalle appiccicate al muro con davanti altre persone.

A Livorno c’erano tanti cinematografi negli anni ottanta. La domenica erano affollatissimi e quando proiettavano film di gran successo talvolta rimanevi in piedi, spalle appiccicate al muro con davanti altre persone. Insomma, seduti o in piedi, la domenica vedevi il film tra una testa e l’altra. Ed era così dal Grande al Gran Guardia, dal Moderno all’Odeon, al Metropolitan, compresi i cinema di periferia. Le norme di sicurezza erano scarse e talora disattese. Niente tom tom o google maps, nei viaggi dovevi portarti dietro le mappe stradali cartacee. Quando scattavi le foto, se le volevi di qualità, dovevi aspettare parecchi giorni per vederle, il tempo necessario allo sviluppo del rullino da parte di uno studio fotografico. Se invece non eri esigente sulla qualità, c’era la polaroid, ma le foto si riducevano presto in cattive condizioni. Grazie ai videoregistratori, potevi già prendere in cassetta un film, a noleggio, e godertelo dal divano di casa, (senza teste davanti) anche se immancabilmente scordavi di avvolgere il nastro alla consegna, la qualcosa ti veniva sempre rimproverata. Non era ancora nato il telefono cellulare e in casa c’era quello fisso, con i numeri sotto la rotella. Però a metà degli anni ottanta arrivarono nelle case i primi cordless.
In centro, pieno di negozi aperti e di lavoro, i giovani continuavano a fare le “vasche” delle quali ho parlato ampiamente nei numeri di Livorno nonstop del terzo quadrimestre 2019 (i meravigliosi anni ’50, ’60, ’70), mentre lungo i fossi si toccava con mano un certo benessere con il boom delle barche a motore, molte anche con il cabinato. Seghetti, all’Attias, proseguiva a sfornare una pizza al bacio mentre all’angolo tra via Marradi e via Roma c’era il celebre Wimpy, molto frequentato dai giovani degli anni ottanta, dove potevi mangiare panini, pizzette, schiacciatine da leccarti i baffi. Però sia chiaro ai posteri, quelli di Giovanni, in via Ricasoli, erano i panini per antonomasia. Quel panino col prosciutto (o roast-beef) e salsa verde era la fine del mondo, e poi il dessert col mascarpone, cantuccini e vino bono. Che spettacolo quelle salse verdi dietro la vetrina del banco! Sul marciapiede c’era sempre la fila per entrare, anche la sera dopo il cinema.
“Ciaimiaduspiccioli” ti sentivi chiedere camminando; i tossicodipendenti erano, in genere, in piazza Magenta-Attias. Al mattino molti trovavano i vetri delle auto in frantumi, perché una buona parte di loro, i tossicodipendenti, erano interessati alle radioline, o altro, da poter rivendere.
Nella ancor bella via Grande, la sera tutta illuminata a giorno, ti potevi prendere da Ughi un gelato indimenticabile e da Torricelli favolose paste, poi la bellissima insegna del “Gran Guardia” ti invitata a entrare, mentre alla villa Fabbricotti c’era un “omino” col carretto dei chicchi che vendeva per i più piccoli dei cartoncini con dentro una sorpresa. Fuori era stampato M o F, cioè maschio o femmina. Ovviamente, d’estate i livornesi stavano al mare l‘intero giorno occupando tutte le spiagge da Castiglioncello a Tirrenia e la sera vi cenavano anche. L’infradito era d’obbligo. E a ballare, tutti agli Atleti, al Tiffany, al Taco Paco, al Frumphy, al Ciucheba ecc. Quanti balli, incollati l’uno all’altra!
Il Natale di quei tempi era ancora bello perché c’erano tutti: nonni, fratelli, sorelle, zii. Ma vogliamo scherzare? Din don dan l’albero e il presepe, din don dan suvvia siate tutti felici, din don dan “Vorrei che in ogni casa spuntasse dal pavimento un albero fiorito d’oro e d’argento”. Capitava anche il parente che ti stava sugli zibidei, ma succedeva in tutte le famiglie, lo sapevi e andavi avanti nel rispetto delle regole che prevedevano anche il rompiglioni. Immancabilmente all’undici di sera, durante l’ennesima tombola, c’era sempre qualcuno che diceva:”Io riomincerei a mangià daccapo”, al che faceva seguito un coro di: “Boia dé, ma sei un bottino”.




Il traffico cittadino era aumentato notevolmente e nell’ora di punta per andare da piazza Grande all’Attias, in auto, ci impiegavi venti, venticinque minuti. Facevi prima a piedi. Insomma il centro era diventato una camera a gas. (Celentano lanciò la canzone “Un albero di 30 piani”, riascoltatela). Stesso discorso in piazza Garibaldi, dove vigeva il parcheggio selvaggio, però potevi ammirare il bello scenario del Pontino mentre, in mezzo, sotto la statua, c’erano tanti banchi. All’imbocco della via dedicata all’Eroe dei due mondi c’era il fioraio Capannini, il negozio di scarpe D’Anteo, il bar Commercio con la sala da biliardo dove, però, giocavano anche a carte e a dama, la datteraia sull’angolo di via della Campana. Più avanti la voltina che da piccolo mi dava, al guardarla, accelerazioni al cuore quando vi passavo col filobus o l’autobus. Era per me qualcosa di magico. La prima volta che, a piedi, vi sono entrato, da adulto, mi sembrò di entrare in una favola. Altro che Alice nel paese delle meraviglie! Il ciuchino continuava a far divertire sul Voltone tutti i bambini e alle fermate dei bus c’erano ancora i distributori di chewingum. Una moneta da 10 lire, giravi la rotella e arrivava la pallina colorata. Quei ciuinga ti duravano ore in bocca.
Nei primi anni del decennio entrò in funzione la Darsena Toscana che con le sue capaci banchine consentiva l’accosto contemporaneo di cinque navi. Un unico cruccio, l’ inaccessibilità, di fatto, alla Torre del Marzocco. Intanto la manodopera della Spica, in via Enriquez, raggiunse duemila unità. Comunque non era tutto rose e fiori, né poteva esserlo, le separazioni tra coniugi aumentavano, la droga era molto diffusa, e non solo tra i giovani, inoltre l’Aids stava mietendo vittime e incuteva timori. Il 1980 era cominciato malissimo. Alle 10,25 del 2 agosto l’orologio della stazione ferroviaria di Bologna si fermò. La sala d’aspetto, gremita di viaggiatori che andavano in vacanza, era un sabato, saltò in aria con un fragore assordante, distruggendo il bar confinante e provocando gravi danni al piazzale esterno dei taxi. Ottantacinque i morti e qualche centinaio i feriti. Era stata una bomba potentissima e la matrice era neofascista. Anni duri, difficili che andarono dal terremoto in Irpinia all’attentato al Papa e a Reagan, per proseguire con la P2, l’esplosione di un aereo a Ustica (e i colpevoli?) e poi di un reattore nucleare a Cernobyl, l’uccisione di Calvi, trovato impiccato sotto un ponte di Londra, ma anche quella del gen. Dalla Chiesa con la moglie, il misterioso suicidio di Sindona in carcere, la protesta di piazza Tienanmen (che fine avrà fatto quel giovane che si oppose, da solo, ai carri armati?), ma anche il crollo del muro di Berlino che permise a molti tedeschi di riabbracciare i propri cari che avevano vissuto dall’altra parte per tanti anni.
In TV aumentò a dismisura la pubblicità, che era, si diceva, l’anima del commercio, così molte scenette divennero oggetto di culto. Chi non ricorda quelle fortunatissime del mulino bianco la cui pubblicità prosegue ancora oggi? Allora c’era quella della Valle Felice dove si trovava un mulino con una mamma bellissima (tranquilli, mai una mamma brutta!) che sfornava dolci per i suoi due figli, belli che più belli non si poteva. E chi non ricorda la canzone di Natale della Coca Cola? (Vorrei cantare insieme a voi, in magica armonia…) E la Bistefani? “E chi sono io? Babbo Natale?”. Alla Mental piaceva l’equivoco: “Io ce l’ho profumato!” “Eh?” “L’alito, ce l’ho profumato con Mental. Cosa avevi capito?”. “Gia fatto?” era la Pic Indoloor, mentre Manfredi diceva: “E’ Lavazza più lo mandi giù più ti tira su”. Ma c’era anche “Pizzette, pizzette Catari qual è il vostro segreto? Se ho fame me la fate passare, se non ho fame me la fate venire”. In quegli anni, c’era poco da fare, alle 16 i ragazzi chiudevano i quaderni e il sussidiario per vedere Bim Bum Bam la trasmissione di un giovanissimo Paolo Bonolis che ha fatto epoca. E Mila e Shiro? Quando Mila, campionessa di pallavolo, si alzava per una schiacciata potevi andare in cucina, farti un panino e quando tornavi potevi vedere la palla sbattere violentemente in terra assumendo la forma ovale. Con Holly e Benji ci vennero seri dubbi sul fatto che i giapponesi conoscessero il gioco del calcio. Ma quanto misurava quel campo di gioco? Holly prendeva palla a centrocampo, dribblava avversari per tre-minuti-tre e poi faceva gol. C’era anche Tutti in campo con Lotti che durante lo swing gridava “Spa-ghe-ttiii”. Era anche il tempo del cubo di Rubik. Lì nacquero perplessità sulle nostre effettive capacità di intendere. Sì, perché mentre tu dubitavi sulle facoltà di tuo figlio che trovava difficoltà sull’uso del congiuntivo, poi lo vedevi manovrare quel cubo a una velocità pazzesca e posizionarlo con colori uguali su ogni facciata. Molti di noi, di nascosto dai figli, si sono misurati con quel maledettissimo cubo, senza successo. A parziale giustificazione va detto che non sapevamo dell’esistenza degli algoritmi per la risoluzione, che oggi trovi da tutte le parti su internet.
Nel 1981 si celebrò il centenario dell’Accademia Navale. Sandro Pertini, quale Capo della Stato, presenziò alle cerimonie. Alla parata navale parteciparono le più belle navi del mondo. L’Italia poteva non presentare la nave scuola “Amerigo Vespucci”? Che diamine! Quale spettacolo, quegli alberi, le sartie e i pennoni! Tutti gli altri dovettero rassegnarsi, l’ imbarcazione più bella era il veliero Vespucci. Allora e sempre. Il 19 marzo 1982 papa Giovanni Paolo II venne in visita a Livorno e alla fabbrica Solvay di Rosignano, poi domenica 11 luglio dello stesso anno le strade della città e d’Italia furono invase da auto, motorini, trombe e bandiere, tante bandiere. Bearzot e Rossi avevano portato la nazionale al terzo titolo mondiale battendo 3 a 1 la Germania, suscitando un entusiasmo incontenibile in tutto il Paese.
Giorgio Caproni, tanto grande quanto sconosciuto a Livorno, ricevette La Livornina dalla mani del sindaco Nannipieri nel marzo 1984 (ammetto di averlo conosciuto – rimanendone folgorato - in quella circostanza) e in piena estate di quello stesso anno si aprì nella sede del Museo di Villa Maria la mostra dedicata a Modigliani nel centenario della nascita. Durante lo scavo nei fossi furono recuperate tre teste in un primo momento dichiarate autentiche, ma si riveleranno un falso. Furono chieste le dimissioni della giunta comunale, mentre il mondo intero ci guardò sbigottito. Come al solito, nel paese dei guelfi e ghibellini, ci si divise tra quelli che esaltarono il gusto allo scherzo dei livornesi (una testa fu fatta col black and decker da alcuni giovani, poi gettata nei fossi durante lo scavo e ritenuta autentica dagli esperti, insieme alla altre due), la loro dissacralità e quelli che dicevano, molto semplicemente : “Ma che male ha fatto Amedeo a Livorno?” Poi, però, grazie al sindaco Salvetti, abbiamo sorpreso il mondo intero, in positivo stavolta, con una meravigliosa mostra su Modigliani a cento anni dalla morte, dal 7.11.2019 fino a febbraio 2020 inoltrato. Ai Bottini dell’Olio si tenne una mostra antologica per il centenario della nascita di Renato Natali, era il 1984, e una esposizione sulla pittura e la grafica di Leonetto Cappiello, nel 1985, mentre nell’estate del 1986 avemmo la prima edizione di Effetto Venezia, dal 7 al 13 luglio, lungo le vie del quartiere storico con attività culturali, mercati, mostre, gastronomia. Quell’anno ci lasciò, purtroppo, Galliano Masini, all’età di 90 anni, tra il generale rimpianto. Il 1987 fu l’anno della nascita di questo periodico, Livorno nonstop, tuttora vivo e vegeto con sempre più lettori che lo seguono.
Negli anni ottanta il basket andava alla grande a Livorno con due squadre nel massimo campionato e con uno scudetto letteralmente scippato. Ecco come titolava Il Tirreno, il 26 maggio 1989: “ Incandescente finale di basket: Livorno privata di un meritato successo – SCUDETTO CON “GIALLO” - Rissa in campo al fischio di chiusura: gli arbitri prima danno la vittoria all’Enichem, poi alla Philips”. E per finire la abbondante nevicata del 1989. Livorno volle mettere l’abito più bello, quello da sposa e apparve ai nostri occhi tutta candida e magica. Che bellezza!
Luciano Canessa
