La Clessidra.

27 Feb 2024 | Autore: Giovanni Giorgetti, EDIFICI STORICI

Sembra impossibile che senza alcuna esperienza, ma solamente con la voglia di imparare, una persona possa aver creato una duratura attività commerciale, ancora florida dopo 33 anni. Questa è la storia di Carlo Francini, nato il 17 febbraio 1935, nel piccolo paese di Terranuova Bracciolini in provincia di Arezzo.
I genitori Angiolo e Annunziata Lazzerini con i figli Carla, Carlo e Paola si erano trasferiti, durante la guerra, dal loro piccolo paese a Livorno.
Terminato il periodo bellico, Carlo, portato ai lavori manuali, fu messo come “ragazzo di bottega” presso la prestigiosa Orologeria Tecnica Svizzera di Italo Talarico, il negozio che era situato in Via Ernesto Rossi 17.

Per dare un’idea della professionalità di questo negozio/laboratorio, il Talarico aveva la concessione delle riparazioni di orologeria della base americana di Camp Darby.
I primi tempi furono duri, ma, per fortuna, Carlo entrò in simpatia con un anziano orologiaio che gli insegnò i rudimenti del mestiere e lo mise a riparare le sveglie.
A poco a poco imparò il mestiere ma la sua fortuna fu quando la persona incaricata della riparazione degli orologi di Camp Darby litigò con il comandante della base e fu necessario sostituirlo. La scelta di Talarico cadde sul giovane Carlo, ormai esperto e degno di fiducia.

Nel 1960 Alfredo (Dedo) Paoletti titolare del marchio Doyle (importatore e assistenza unica per l’Italia) aveva bisogno di un giovane esperto e intraprendente e così offrì al Francini di lavorare presso il proprio laboratorio in via Marradi 197.
Il padre di Alfredo, il comandante Luigi, aveva fondato una ditta che importava orologi dalla Svizzera e li assemblava. Gli orologi riportavno il marco Doyle in omaggio allo scrittore Arthur Conan Doyle del quale il padre era appassionato lettore. Alfredo Paoletti, a sua volta,  ottenne di essere anche l’importatore unico per l’Italia e di avere l’esclusiva delle riparazioni del prestigioso marchio Ulysse Nardin, conosciuto dal personale di marina di tutto il mondo per la sua precisione.
Ciò fu la fortuna, oltre che del negoziante, di Carlo Francini dato che la ditta Nardin impose, per un certo tempo, la presenza di due tecnici, diplomati in Svizzera alla scuola di orologeria, a Livorno per seguire i propri standard, che il Francini raggiunse in breve tempo.
Nell’agosto 1986 Alfredo Paoletti chiuse la ditta; il negozio e il laboratorio furono rilevati da Carlo Francini, che dette loro il nome de La Clessidra.
Il Francini si avvalse dell’aiuto del figlio Claudio e della figlia Cristina. Claudio iniziò a riparare gli orologi mentre Cristina si occupava delle vendite nel negozio.
Carlo Francini morì nel 1997, ma ormai l’attività si era consolidata e sviluppata anche nel campo dell’oreficeria e della gioielleria.
Nel 2008, con l’entrata in società del valente orafo Daniele Sergi, capace di realizzare qualsiasi tipo di gioiello,  La Clessidra si trasformò in s.n.c. e dopo due anni ampliò il proprio raggio di azione trasferendosi in un più ampio locale, sempre in via Marradi ai nn° 42-44.
Ma nel 2018 la sorpresa: malgrado la proficua collaborazione, Claudio Francini e Daniele Sergi dovettero separare le loro attività per una… postilla. Avendo avuto il Francini la certificazione per la riparazione degli orologi Omega, Longines, Hamilton, Kissot, Rado e Calvin Klein, la condizione inderogabile era quella di avere ambienti di lavoro separati, ciò che non fu possibile in via Marradi ed è stato giocoforza dividersi.
Il laboratorio di orologeria si è trasferito quindi nella vicina  via Roma 1E, a due passi da piazza Attias, mantenendo il nome La Clessidra, mentre il laboratorio orafo di Sergi, si è trasferito sempre in zona, in via Leonardo Cambini 19, con il nome D Diamante.
Ma torniamo alla Clessidra. Ho avuto modo di conoscere personalmente Claudio Francini nel 1993 per far riparare una pendola di famiglia vecchia di oltre centocinquanta anni. Vedendo quella pendola ferma e non sentendola più scandire le ore, mi pareva che fosse morta una parte di me.
Con tanta passione, il Francini riuscì a metterla a posto, ricostruendo anche a mano degli ingranaggi che si erano rotti. Pagai con soddisfazione il prezzo concordato che era, tra l’altro, nettamente inferiore a quello che sarebbe scaturito se fossero state conteggiate le ore impiegate.
Claudio Francini si confessò dicendo che all’inizio della sua attività vedeva il suo lavoro come un mezzo per mantenersi, ma, a poco a poco, il riparare vecchi orologi, costruendo addirittura pezzi mancanti, era diventato una vera passione.
Ad oggi il suo capolavoro è stato il restauro a Palazzo Pitti, dell’orchestrion del 1821 costruito dall’orologiaio Christian Seyffert a Vienna. L’orchestrion è un mobile con un’apparecchiatura in grado di riprodurre, allo scoccare delle ore, i suoni di vari strumenti musicali che hanno la potenza e la varietà di quelli di un’orchestra. Il meccanismo è infatti dotato di tre treni di ruote: uno per il tempo, uno per la suoneria delle ore e l’ultimo per la suoneria dei quarti.
Dopo il 1831 il dispositivo fu modificato per inserirvi l’aria tratta dal Rondò finale de La Sonnambula di Bellini, opera particolarmente gradita alla Contessa di Parma.

Col trascorrere del tempo l’apparecchiatura aveva però necessità di una completa revisione e la scelta cadde, appunto, sul Francini, un nome che era ormai una garanzia in tutto il territorio nazionale, tanto che le riviste specializzate più volte si sono interessati dell’alta professionalità del restauratore livornese che ha messo a posto numerosi “pezzi” di enti pubblici e privati dal valore inestimabile, sia dal punto di vista storico che affettivo.
Ma le soddisfazioni del Francini non si fermano qui: da cinque anni il figlio Valerio, terminati il quinquennio di studio all’Istituto Professionale con la specializzazione in meccanica, è entrato nella ditta e i suoi attestati di specializzazione arricchiscono, assieme a quelli del padre, una parete del laboratorio.
Questa è La Clessidra, ovvero l’artigiano del tempo come ricorda una formella in legno appesa ad una parte.