La statua del faraone Sethi II soggiornò a Livorno per 5 anni.

23 Gen 2024 | Autore: Bruno Damari, STORIA

Articolo scritto da Luca Lischi

Fa molto piacere quando visitando dei posti si “inciampa” in riferimenti storici che raccontano dei luoghi in cui siamo nati o viviamo.

A Torino il Nuovo Museo Egizio rappresenta un vero capolavoro di bellezza che ha saputo ben valorizzare gli oltre 5300 oggetti della collezione Drovetti composta da pezzi spettacolari ma anche da reperti minori che aiutano a comprendere la civiltà dell’antico Egitto perfino nella vita quotidiana. Ad essi sono stati aggiunti, nel tempo, molti altri pezzi che lo hanno arricchito di fascino e di curiosità.

Il Museo “parla” di Livorno. Almeno per due volte la nostra città è citata nelle didascalie che accompagnano il visitatore nel fascino della civiltà sviluppatasi lungo il fiume Nilo: all’inizio del percorso, che racconta le origini del Museo, e alla fine, nella magnificente e imponente Galleria dei Re.

Il diplomatico e collezionista torinese Bernardino Drovetti (1776-1852) vendette il 24 marzo del 1823, per 400mila lire piemontesi (una cifra esorbitante per quell’epoca), la sua raccolta di reperti egizi ai Savoia, al re Carlo Felice. Intermediario fu il genovese Domenico Pedemonte.

È stata una bella emozione leggere di Livorno, quale porto che ha permesso l’arrivo di molti dei capolavori egizi  e tra questi quelli della imponente statua del Faraone Sethi II, datata 1202–1198 a.C.

Infatti le didascalie raccontano che i reperti dall’Egitto vennero stoccati nei magazzini portuali  dei commercianti Morpurgo-Tedeschi a Livorno e in parte nel porto sabaudo a La Spezia.

I commercianti Morpurgo e Tedeschi operavano nella nostra città come è documentato nel primo volume di Vittorio Marchi e Ugo Canessa “Duecento anni della Camera di Commercio nella storia di Livorno” (Debatte editore) del 2001. Sfogliando le pagine del volume si resta piacevolmente colpiti e affascinati dalla potenza commerciale che aveva Livorno e il suo porto nel XIX secolo.

​Dal 1800 al 1860 Livorno ebbe una crescita significativa di nuove attività commerciali (ben 229 e i cui nomi per la maggior parte richiamano cognomi stranieri) che operavano anche  in altre sedi estere, come Alessandria d’Egitto, Costantinopoli, Smirne, Malta, Odessa, Cairo, Londra, Marsiglia ecc. Quindi un porto molto fiorente per i commerci e molto ambito. Livorno infatti era un porto  internazionale e fu scelto per far arrivare i reperti egizi (non solo quelli del Drovetti, ma anche molti altri, tra cui quelli presenti al Museo Egizio di Firenze, a Parigi al Louvre, a Berlino, a Londra) sicuramente per la specializzazione e professionalità, nei trasporti marittimi, delle Ditte livornesi. La Morpurgo-Tedeschi era una di queste, tra l’altro una ditta affidabile e solida in quanto, come si evince dai documenti camerali, “ammessa anche al fido bancario”.

Un interessante progetto (finanziato dalla Regione Toscana su fondi europei) della Università di Pisa “La Toscana egittologica tra musei e archivi” sicuramente fornirà uno studio analitico di significativo valore storico nell’approfondire i commerci dei reperti dell’antichità grazie al porto di Livorno. È bene ricordare, ed esserne fieri, che a Pisa nel 1826 fu istituita la prima cattedra di Egittologia al mondo!

Il colosso del faraone Sethi II, dal peso di 6 tonnellate, fu “scoperto da Jean Rifaud al servizio del signor Drovetti a Tebe nel 1818. – Ed ecco la seconda citazione di Livorno – Portata dall’Egitto sino a Livorno dalla nave Trondheim, cap. Richelieu” nel 1819. Si sottolinea che fu necessaria l’intera nave e che “Lì aspettò 5 anni prima di essere spedito a Genova e poi a Torino attraverso gli Appennini su un carro di artiglieria trainato da sedici cavalli”.

Rimane la curiosità dove questi resti abbiano a lungo sostato nei magazzini del porto di Livorno. Sicuramente la statua del Faraone Sethi II in un luogo molto grande dal momento che è in arenaria e dal peso ingente di sei tonnellate ma anche di una altezza di 5,16 metri, 1,16 di larghezza e 1,65 di profondità.

Per la cronaca, questa statua e la più grande ed imponente dell’intero Museo!

Ci piace immaginare l’arrivo e lo scarico dalla nave ed in particolare pensare ai tan-ti uomini che hanno preso parte ai lavori di stoccaggio in qualche magazzino. Sicuramente fu una impresa ti-tanica ma svolta con dovizia e con cura per i 5 anni di sosta a Livorno, dal momento che questo colosso, basta vederlo, è conservato benissimo.

La scultura  si trovava in origine davanti all’ingresso di una cappella edificata da Sethi II (1202-1198 a. c.) nel gran cortile del tempio di Karnak, a Tebe, insieme ad una sua gemella che si trova al Louvre. Chissà se anche quella è passata per Livorno?

Bernardino Drovetti  ha vissuto anche a Livorno come cita l’enciclopedia Treccani: “nella seconda metà degli anni Trenta, mentre il Drovetti si trovava a Livorno, Parigi, Nizza, Firenze, i suoi amici avevano continuato a pregarlo di rientrare a Torino”. È lui che scelse Livorno come porto di arrivo e di custodia per poi essere definitivamente collocata al Museo Egizio di Torino.

Per chi ha la curiosità di calarsi nei luoghi da dove provengono molti dei pezzi oggi presenti a Torino basta fare un giro in Egitto (anche virtuale con i potenti mezzi tecnologici).

Nel mese di novembre 2021 a Luxor, dopo un restauro durato oltre mezzo secolo, è stato riaperto al pubblico il più grande Museo a cielo aperto del mondo, ovvero il Viale delle Sfingi, lungo quasi tre chilometri e fiancheggiato da circa 1.350 statue, che collegava i templi di Karnak (dove erano originariamente  le steli del faraone Sethi II) e Luxor nell’antica capitale faraonica di Tebe.