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Le 3 Porte di San Marco e dintorni

La prima porta San Marco nacque nel 1703 nella attuale piazza dei Domenicani che era protetta da un rivellino, a forma triangolare

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La prima porta San Marco nacque nel 1703 nella attuale piazza dei Domenicani che era protetta da un rivellino, a forma triangolare, anch’esso chiamato S. Marco, ideato allo scopo di sistemare le artiglierie per la difesa della città.

La porta era ornata di marmi del maestro Andrea Baratta, scultore massese, con le forme di rocca merlata (vedi l’incisione di Giuseppe Maria Terreni a lato). In alto la  scritta: “COSMUS III MAGNUS DUX ETRURIAE. AN. D. MDCCIII”.

Le antiche mura si possono notare anche oggi lungo via del Toro e via dei Floridi. All’epoca il porto di Livorno era diventato uno dei più frequentati dalle navi inglesi che qui portavano le merci e le derrate dei paesi da loro dipendenti. Non solo, la intelligente neutralità mantenuta dalla Toscana durante la guerra di successione in Spagna fece aumentare in assoluto il traffico portuale.

I consoli esteri, in Livorno, avevano stabilito che dovesse trascorrere un certo lasso di  tempo tra la partenza di una nave armata e un’altra di nazionalità diversa, il tempo necessario per evitare possibili inseguimenti.  Con l’apertura della porta S Marco, di lì a poco (1720, Wiquel) nella piazza antistante iniziò la costruzione della chiesa di S. Caterina da Siena (per i livornesi “dei Domenicani”), aperta nei primi anni cinquanta (la lanterna, invece, è del 1869) e poco più in là le Case Pie del Refugio (1755).

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Sotto il regno di Etruria, regnante l’infante di Spagna Ludovico Borbone (quindi siamo agli inizi dell‘800), le finanze statali erano al limite del collasso tanto che il governo fu costretto a sottoscrivere un prestito con una banca genovese all’interesse incredibile del 37% (sic!).

Già dal 1795 vari commercianti avevano avuto la concessione di costruire capannoni in legno, ad uso magazzini, sul rivellino di S. Marco per farne depositi di uva passa in botti, cotone in balle e prodotti vegetali da usare per la concia delle pelli.  Ma ora, vuoi per le finanze deficitarie del regno, vuoi per il  crescere della popolazione,  si cominciò a sentire il bisogno di costruire case e il rivellino di San Marco fu individuato come terreno edificabile.

Livron, un ricco commerciante che insieme al socio Hamelin si era accollato la sussistenza delle truppe francesi, avanzò pretese sulla tenuta del Suese e sul rivellino di San Marco. Questi ultimi terreni vennero ceduti a 7 lire il braccio quadro (praticamente una sorta di svendita), inoltre una somma pari a lire 30.000 fu raccolta per la costruzione di un teatro. 

Naturalmente fu abbattuta la prima porta San Marco (1802). Il 3 maggio 1803  fu posta la prima pietra per il nuovo teatro, poco oltre la prima porta S.Marco, finito nel 1806 e chiamato “Carlo Lodovico”, in onore del piccolo re di cinque anni, la cui madre, reggente, era Maria Luisa di Borbone, che faceva le balneazioni in una piccola piscina,  protetta da tendaggi, che si era fatta costruire in quello che sarà lo “Scoglio della Regina”. 

Il teatro, uno dei più belli ed armoniosi d’Italia, aveva cinque ordini di palchi, più il loggione, e fu impreziosito con gli affreschi di Luigi Ademollo che dipinse sull’esterno dei palchi i fatti più salienti dell’Iliade. 

Qui, nel 1921, quando il teatro era già mal messo tanto che, se pioveva, la pioggia entrava dal tetto e dalle finestre, nacque il Partito Comunista d’Italia. A proposito, quel giorno, il 21 gennaio, pioveva.

Con l’abbattimento della prima porta S.Marco ne fu progettata un’altra, poco più in là, nella attuale piazza dei Legnami la cui funzione era quella di collegare la città con i sobborghi, al di là del fosso reale. Ma questa porta incontrò insospettabili ostacoli al suo normale funzionamento.

Il ponte in muratura, al di là di essa, che si volle costruire su sei piloni e cinque archi, crollò nella parte centrale alla fine di  gennaio 1806, quando i lavori ormai volgevano al termine.

Sotto il regno di Etruria, regnante l’infante di Spagna Ludovico Borbone (quindi siamo agli inizi dell‘800), le finanze statali erano al limite del collasso tanto che il governo fu costretto a sottoscrivere un prestito con una banca genovese all’interesse incredibile del 37% (sic!).

Già dal 1795 vari commercianti avevano avuto la concessione di costruire capannoni in legno, ad uso magazzini, sul rivellino di S. Marco per farne depositi di uva passa in botti, cotone in balle e prodotti vegetali da usare per la concia delle pelli.  Ma ora, vuoi per le finanze deficitarie del regno, vuoi per il  crescere della popolazione,  si cominciò a sentire il bisogno di costruire case e il rivellino di San Marco fu individuato come terreno edificabile.

Livron, un ricco commerciante che insieme al socio Hamelin si era accollato la sussistenza delle truppe francesi, avanzò pretese sulla tenuta del Suese e sul rivellino di San Marco. Questi ultimi terreni vennero ceduti a 7 lire il braccio quadro (praticamente una sorta di svendita), inoltre una somma pari a lire 30.000 fu raccolta per la costruzione di un teatro. 

Naturalmente fu abbattuta la prima porta San Marco (1802). Il 3 maggio 1803  fu posta la prima pietra per il nuovo teatro, poco oltre la prima porta S.Marco, finito nel 1806 e chiamato “Carlo Lodovico”, in onore del piccolo re di cinque anni, la cui madre, reggente, era Maria Luisa di Borbone, che faceva le balneazioni in una piccola piscina,  protetta da tendaggi, che si era fatta costruire in quello che sarà lo “Scoglio della Regina”. 

Il teatro, uno dei più belli ed armoniosi d’Italia, aveva cinque ordini di palchi, più il loggione, e fu impreziosito con gli affreschi di Luigi Ademollo che dipinse sull’esterno dei palchi i fatti più salienti dell’Iliade. 

Qui, nel 1921, quando il teatro era già mal messo tanto che, se pioveva, la pioggia entrava dal tetto e dalle

     finestre, nacque il Partito Comunista d’Italia. A proposito, quel giorno, il 21 gennaio, pioveva.

Con l’abbattimento della prima porta S.Marco ne fu progettata un’altra, poco più in là, nella attuale piazza dei Legnami la cui funzione era quella di collegare la città con i sobborghi, al di là del fosso reale. Ma questa porta incontrò insospettabili ostacoli al suo normale funzionamento.

Il ponte in muratura, al di là di essa, che si volle costruire su sei piloni e cinque archi, crollò nella parte centrale alla fine di  gennaio 1806, quando i lavori ormai volgevano al termine.

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