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C’era una volta Portofranco

Era il 1984 e a Livorno la triste e imbarazzante storia del ritrovamento delle teste di Modigliani entrò al centro di qualsiasi discussione artistica e non.

di Annalisa Gemmi

Era il 1984 e a Livorno la triste e imbarazzante storia del ritrovamento delle teste di Modigliani entrò al centro di qualsiasi discussione artistica e non. A Livorno erano anche tempi in cui Il “materiale artistico” era più o meno rappresentato dai pittori della domenica che amavano raffigurare nature morte con pesci e polpi, paesaggi o scorci di quartieri cadenti e che non potevano certo indurre il pubblico esterno a riflettere su quanto le Avanguardie del Novecento e i più recenti raggiungimenti dell’arte di ricerca avevano offerto al mondo, ad un mondo in continua, rapida evoluzione.

Fu così che proprio nel 1984 tra false scoperte e movimenti artistici flemmatici nacque una vera e propria rivoluzione artistica dal nome Portofranco, un movimento formato da un gruppo di artisti che certamente, non si ritenevano i salvatori della patria; erano coscienti che il percorso da compiere era arduo e ben sapevano che essi stessi dovevano “crescere”; e lo avrebbero potuto fare soltanto ponendosi in relazione stretta e fattiva con quanto avveniva nel vasto ambito della ricerca quale si andava svolgendo e sviluppando oltre le mura della città.

Portofranco era composto da artisti di varia e diversa esperienza per modalità linguistiche e inclinazioni concettuali, estetiche e ideologiche, ed erano: Pietro Addobbati, Mauro Andreani, Renato Bisso, Paolo Bottari, Michele Lorenzelli, Ellenio Mischi, Enzo Neri, Roberto Saviozzi, Renzo Sbolci, Bruno Sullo, Antonio Vinciguerra e infine Renato Spagnoli, che entrò nel gruppo nel 1985 e ne uscì nel 1988.

La prima mostra di esordio venne inaugurata il 4 di maggio del 1985, fu allestita in tre grandi spazi urbani: il Salone Finocchietti, il Chiostro della Chiesa della Madonna e il Centro per la Pace.

Il lavoro degli artisti, tendeva al coinvolgimento del pubblico, alla rifondazione per via creativa di luoghi aperti e chiusi, all’indicazione di possibilità comunicative da attuarsi mediante linguaggi talora sconcertanti eppure vivi e vitali.

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Una delle mostre che personalmente mi è rimasta impressa anche solo a sentirne parlare fu “Il Mare a Prato”, tenuta appunto in quella città nel Castello dell’Imperatore e nel Chiesino Medievale dove gli artisti crearono  delle installazione proprio sul tema del mare, con il proposito di donare ad una città di terra quelle immagini, sensazioni, oggetti e

      colori che l’immensa distesa d’acqua, comprese spiagge e coste, riesce a offrire.

E ancora, tra gli eventi artisti da ricordare “La cena in Rosso” dove oggetti di provenienza paleoindu-striale furono dipinti di rosso a dimostrazione della creazione di una nuova entità. Infine, come non citare “L’Albero di Piazza Attias”, un vecchio pino che fu abbattuto per permettere la costruzione di un parcheggio sotterraneo, albero che i livornesi erano abituati a vedere da sempre. Per ricordarlo, Portofranco costruì un grande albero con tubi di materiale plastico bianco e lo installò sul pavimento della piazza, simulacro di quella presenza arborea brutalmente eliminata.

L’albero bianco venne poi posizionato nella sala d’ingresso del Centro Asilo Notturno di Via G.M.Terreni in cui Portofranco insieme al Gruppo Teatrale Asylum ed all’unità Operativa psichiatrica dell’USL svolgerà la propria attività culturale ed espositiva negli anni seguenti.

Personalmente ritengo che Portofranco sia stata e sia tutt’ora una realtà che la nostra città dovrebbe sempre ricordare. Tenere viva l’evoluzione artistica del passato è uno studio che arricchisce l’anima e la conoscenza di tutti noi.

Complimenti quindi a Sandro Bottari che nel suo piccolo Studio Elisi di Via Verdi a Livorno proprio nel mese di ottobre è riuscito a riportare alla luce una realtà fatta di unione e di arte.

Il libro “Portofranco - Arte e ricerca a Livorno” è liberamente scaricabile su: https://studioelisi.blogspot.com/

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