Editrice il Quadrifoglio
Livorno nonstop
Mensile di Attualità-Arte e Spettacolo rigorosamente Livornese
Quattro Mori: ma quante analogie!
In un precedente articolo ho già parlato del nostro monumento più famoso privilegiando notizie sui 4 Mori e gli altri forzati del Bagno in genere: oggi vorrei affrontare le quattro sculture bronzee in se’ per il recente interesse anglosassone in proposito con ben 10 pubblicazioni di otto autori diversi negli ultimi 15 anni.
di Marco Rossi

In un precedente articolo ho già parlato del nostro monumento più famoso privilegiando notizie sui 4 Mori e gli altri forzati del Bagno in genere: oggi vorrei affrontare le quattro sculture bronzee in se’ per il recente interesse anglosassone in proposito con ben 10 pubblicazioni di otto autori diversi negli ultimi 15 anni.
Dell’intero monumento labronico furono tali opere, infatti, a generare una grande eco sin dall’inizio: per ispirazione forse il carrarino Pietro Tacca (1577-1640) prese spunto dai Prigioni realizzati da Michelangelo nel 1513-6 per la tomba di Giulio II, peraltro anch’essi privi delle fisionomie musulmane: mai installati sono ora al Louvre ed a Firenze. Presso il Museo Civico Fattori di Livorno sono infine conservati quattro bozzetti di schiavi in gesso attribuiti al Tacca, soltanto due dei quali presentano lineamenti negroidi.
In termini di citazioni già nel 1623 lo scultore tedesco Georg Petel (1601-1635) fece un disegno di uno di essi rischiando per questo di essere arrestato come spia. Nel 1636-42 Baldassare Franceschini (1611-1690) detto il Volterrano nella villa La pietraia di Castello (FI) all’interno del ciclo di affreschi Fasti medici ne realizzò uno ritraente la statua dei 4 Mori.
Il viaggiatore inglese John Evelyn (1620-1706) che vide il monumento nell’ottobre del 1644 nel suo Diario lo descrive come una delle opere più apprezzate al tempo, e 4 anni dopo il suo connazionale John Raymond, anch’egli impegnato nel grand tour, riporta come le statue dei mori siano così realistiche da mancargli solo la voce.
Nel 1730 Edward Wright lo scrive apertamente dicendo addirittura che essi prevalgono sul duca.
Venendo invece ad opere ispirate ai bronzi si può iniziare col citare La Fontana dei Mori di Marino vicino a Roma opera di Sergio Venturi (1584-1646) che, eretta fra il 1632 ed il 1642 per celebrare anch’essa la vittoria sui turchi a Lepanto, ha simili africani incatenati: sormontata da una colonna di marmo sulla quale si nota lo stemma dei Colonna, presenta alla base quattro prigionieri turchi su di uno scoglio sorretto da otto sirene, ulteriore emblema della nota famiglia.
Jeremy Warren (1941 -) parla di come Ferdinando Tacca (1619-1686), figlio di Pietro, a Livorno nel 1638 per terminare l’installazione del monumento del padre con i trofei d’armi alla base, produsse molti piccoli bronzi sull’esempio dei mori del genitore fra cui soprattutto, fra il 1640 ed il 1650, il Monumento Ferdinando I de’ Medici, Granduca di Toscana derivato in misura assai minore (quasi 74 cm d’altezza) da quello di Livorno: le due versioni si trovano una all’Accademia delle Belle Arti di San Fernando di Madrid ed una in una collezione privata di Londra.
La famosissima Fonta-
na dei quattro fiumi del grande Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) e quattro collaboratori, innalzata a Roma in piazza Navona fra il 1648 ed il 1651 per celebrare i quattro continenti, mostra le loro personificazioni in quattro fiumi (Danubio, Gange, Nilo, Rio de la Plata) disposte come i mori.
La Tomba del doge Giovanni Pesaro, costruita nel 1669 a Venezia su disegno di Baldassarre Longhena (1598-1682), presenta anch’essa, sia pure uno accanto all’altro, eretti, 4 mori.
Domenico Guidi (1625-1701) nel monumento per la tomba di Giuseppe Cotroner installato nel 1686 nella cattedrale della Valletta a Malta presenta ugualmente mori incatenati nella base.
Ancora nel 1686, ultimo monumento celebrativo con schiavi, fu quello in onore di Luigi XIV di Martin Desjardins (1637-1694) in Place des Victoires a Parigi, distrutto nel 1792 dalla furia rivoluzionaria di cui al Louvre restano i prigionieri alla base.
Giovanni Battista Faggini (1652-1725), succeduto alla morte del Tacca nella fonderia di Borgo Pinti che era stata del Giambologna, si specializzò invece in piccoli bronzi destinati all’esportazione partendo dall’adattamento dei mori del Tacca. Nel 1698 realizzò il ritratto equestre in bronzo del re Carlo II di Spagna e poi nel 1706 dell’imperatore Giuseppe I d’Asburgo: il primo fu danneggiato nel 1734 ed anche del secondo non è stata conservata una traccia intera ma si sa che entrambi avevano alla base degli schiavi molto simili a quelli del Tacca anche se adeguati ai nuovi gusti ed alla ricerca di un maggiore dinamismo come nei piedi non appoggiati ma in parte sospesi come dimostra quanto nel Bayerisches Nationalmuseum di Monaco in Germania. Al museo esistono dei gessi che li riproducono sui calchi del figlio di Faggini.
Nel 1790 Giuseppe Bruschi realizzò un Trionfo della Toscana in porcellana, ora al Victoria and Albert Museum di Londra, che riporta alla base del piedistallo 4 prigionieri simili nelle pose ai mori del Tacca.
Alla fine del ‘700 a Padova erano prodotte urne cinerarie in bronzo con alla base 3 satiri posizionati come i mori e nell’800 Urbano Lucchesi (1844-1906) produsse statuette in maiolica di schiavi prigionieri, ora nel Museo Richard Ginori di Sesto Fiorentino (FI).
Il monumento livornese avrebbe poi dovuto essere completato da due fontane con mostri marini, realizzate dal Tacca intorno agli anni trenta del Seicento, che però non giunsero mai a Livorno e furono poste in piazza della Santissima Annunziata a Firenze. Di esse sono state eseguite 5 repliche con gli stampi originali del Tacca (nel 1910 il catalogo della Fonderia Vignali di Firenze riportava in offerta proprio questo tipo di repliche):
* una è a Washington dal 1898 nel giardino del Cosmos Club;
* una dal 1902 nella villa
Doria Pamphilj a Roma alla base della Fontana dell’Annunziata voluta nel 1850 da Lady Mary Talbot moglie di Andrea Doria Pamphilj;
* una dal 1909 al Victoria and Albert Museum di Londra (dal 1979 nei magazzini);
* una all’Università del Minnesota di Minneapolis dal 1960 ma realizzata nel 1919 per una collezione privata londinese;
* ed infine, realizzata nel dopoguerra dal Comune di Livorno, l’ultima fu posta in piazza Colonnella, non distante dal monumento dei 4 Mori, nel 1964.
Per concludere come non ricordare quanto i Quattro Mori rischiarono di essere distrutti dall’esercito transalpino durante l’invasione francese del marzo del 1799 perché vi si vedeva un simbolo di oppressione, ma in realtà forse per recuperare il bronzo delle statue (il gen. Miollis decapitò la statua del granduca e tolse le catene che pendevano verso gli schiavi) e solo nel 1815, all’arrivo degli austriaci, la statua fu ricomposta per intero.




