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Nelle filastrocce del Rodaric’èancheun po’ di Livorno

A Rodari va sicuramente il merito di aver scritto filastrocche, racconti e poesie che hanno un grande spazio nella nostra mente e nei nostri cuori, caratterizzate da quella geniale semplicità di raccontare il mondo in modo sempre attuale

di Michela Gini

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Lo scorso 21 gennaio abbiamo festeggiato, a Livorno, il centenario della nascita del PCI tra fuochi d’artificio e striscioni volti a ribadire, anche dopo cent’anni, l’enorme cuore rosso che ancora batte forte e contraddistingue lo spirito della nostra città. Ho deciso così, da pedagogista amante della letteratura, di rendere omaggio a colui che venne definito “il comunista delle filastrocche”: Gianni Rodari.

L’idea mi è venuta dopo aver letto un articolo sul Manifesto in cui scopro che Rodari, nel 1950, ricevette l’incarico di scrivere per i bambini, proprio dal partito stesso. Una sera, infatti, quasi per gioco, compose una filastrocca per una bambina, da pubblicare nella “pagina della donna”, su L’Unità, rubrica la cui struttura non era ancora stata definita. Un’altra mamma, allora, scrisse al giornale perché anche al suo bambino malato venisse dedicata una filastrocca. In seguito ne scrisse un’altra, con un nuovo pretesto e fu così che Rodari si ritrovò quasi costretto a continuare per quella strada.

Chi l’avrebbe mai detto, quella sera, che stava iniziando per lo scrittore un cammino che avrebbe arricchito la cultura di tutti i ragazzi del mondo. Di stampo marxista, la sua ideologia oltre che di Gramsci, punto di riferimento fondamentale per lo scrittore, si nutriva, non a caso, di Bertolt Brecht. Del poeta tedesco, infatti, tradusse nel 1945 “La linea politica” e fu proprio lui a trasmettergli il significato profondo dell’essere scrittore e comunista al tempo stesso.

A Rodari va sicuramente il merito di aver scritto filastrocche, racconti e poesie che hanno un grande spazio nella nostra mente e nei nostri cuori, caratterizzate da quella geniale semplicità di raccontare il mondo in modo sempre attuale, ispirato dall’ irresistibile “bricolage della fantasia” che gli è proprio e che ha fatto di lui un insegnante ironico e profondo.

Ma perché vi sto parlando proprio di Gianni Rodari, affezionati lettori di Livornononstop? Cosa lega lo scrittore alla nostra amata città? Nel suo libro “Filastrocche in cielo e in terra”, pubblicato nel 1960, Gianni ci onora (grazie anche al beneficio della rima) di essere ricordati in due composizioni: “Il gentiluomo di Livorno” e “Quanti pesci ci sono nel mare?”, riportate nel riquadro.

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Parole semplici, dicevamo, quelle di Rodari, favole lievi e scorrevoli, poesie tanto cariche di significato educativo quanto spensierate, ironiche e divertenti. Ma al tempo stesso, metafore complesse, dal carattere fortemente politico, che invitano a riflettere sul quotidiano, sulla condizione degli ultimi, appunto, i più sfortunati, sulle ingiustizie della società. “Quanti pesci ci sono nel mare?” più di sette, più di mille, più di un milione... Interrogativi quotidiani, e non solo tra pescatori. Ognuno dice la sua, tentando di far valere le proprie motivazioni. Ma la verità sta sempre in mezzo. Ed hanno ragione tutti. Cambia solo il punto di vista.

 

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