Sirio Santucci, compositore livornese.

31 Gen 2024 | Autore: Scilla Lenzi, IN EVIDENZA, IN PRIMO PIANO, PERSONAGGI

Sirio Santucci nacque a Livorno il 7 novembre 1901 da Amleto Santucci e Antinisca Morandi, la quale proveniva dalla Corsica dove si esibiva come cavallerizza nel Circo della sua famiglia “Morandi”. Sirio iniziò lo studio della musica a dodici anni, dedicandosi alla fisarmonica e al mandolino per il quale fu allievo di Luigi Piattoli (Livorno, 1871 – 1958) presso il Circolo Mandolinistico “Giuseppe Verdi”. In questo periodo scrisse le sue prime composizioni tra le quali si trova la “Serenata toscana” scritta per piccola orchestra a plettro.

Nel 1918 si impiegò nelle Ferrovie dello Stato in qualità di macchinista e nel 1924 si unì in matrimonio con Angiolina Arrighetti (1903 – 1964). Dal matrimonio nacquero i figli Ombretta (1925), Marisa (1930) e Sergio (1940).

Il 20 dicembre 1926 alla Stazione di Sarzana, mentre allestiva un locomotore elettrico per la partenza, Sirio rimase investito da una scarica di corrente elettrica ad alta tensione. Urgentemente trasportato all’Ospedale di Livorno riuscì a sopravvivere ma rimase mutilato del braccio destro e del piede sinistro. Informato di quanto era avvenuto, Costanzo Ciano, allora Ministro delle Comunicazioni e livornese di nascita, si interessò personalmente dell’incidente.

Ormai inabile per ogni tipo di lavoro, Sirio si vide assegnata dalle Ferrovie dello Stato una pensione. Scrive nel suo diario: “Quanto al cuore (grazie a Dio!) ne posseggo uno che ha sbalordito alcuni scienziati che non hanno saputo spiegarsi come era possibile che un così delicato organo vitale abbia potuto resistere e regolarmente funzionare sotto una scarica elettrica di ben 3600 Volt. Se c’è una debolezza nel mio cuore è per tutto ciò che volge alla bellezza e alla bontà, per ciò che spiritualmente affratella e che ha il potere di rendere l’umanità più giusta e degna di vivere”.

Sirio dovette abituarsi all’uso della mano sinistra anche per scrivere la musica. Fu in quel periodo che decise di approfondire gli studi musicali iscrivendosi al Conservatorio di Firenze dove studiò composizione diplomandosi sotto la guida del celebre Maestro Vito Frazzi.

La personalità artistica di Sirio, ormai formata, si riflesse nella sua prima importante composizione, l’opera lirica “Esmeralda”, al cui soggetto, tratto dal romanzo di Victor Hugo “Notre-Dame de Paris”. La storia di Quasimodo, deforme campanaro della cattedrale di Notre-Dame di Parigi, aveva colpito la sua immaginazione e nella deformità del campanaro, aveva rivisto se stesso e la sua sfortunata condizione di mutilato.

La stesura del libretto, da parte di Sirio stesso, e la composizione dell’opera ebbero inizio nel 1936 terminando nella primavera del 1939. Memore e grato per il bene ricevuto, decise di dedicare l’opera a S.E. Costanzo Ciano, ma non ebbe occasione di presentargliela di persona perché questi morì improvvisamente il 26 giugno 1939.

Il 12 gennaio del 1938, durante il quinto concerto sinfonico dato al Teatro Goldoni con l’Orchestra Labronica diretta da Emilio Gragnani, il pubblico livornese aveva potuto apprezzare in anteprima due brani significativi dell’Opera: il Preludio del secondo atto e l’Interludio del quarto atto. Le difficoltà di rappresentare l’opera completa durante il periodo bellico furono notevoli in quanto i principali teatri livornesi dell’epoca (Teatro delle Commedie, Teatro degli Avvalorati, Teatro San Marco, Teatro Rossini, Teatro Goldoni) furono distrutti o subirono gravi danneggiamenti durante i bombardamenti che la città subì. L’unico teatro sopravvissuto fu il Goldoni, impegnato in produzioni organizzate dai reparti speciali delle truppe alleate.

Finalmente Esmeralda venne rappresentata il 28-30 novembre e 1 dicembre del 1946 al Teatro Goldoni, riscuotendo un grande successo di pubblico e di critica. L’opera ebbe la direzione di Emidio Tieri, con la regia di Ugo Bassi e un cast di alto livello: Mario Del Monaco (Febo), Liliana Cecchi (Esmeralda), Aurora Buades (Gudula), Giovanni Inghilleri (Frollo) e Carlo Badioli (Quasimodo). Le scene furono realizzate dalla “Sormani” di Milano ed i costumi dalla “Casa d’Arte Cerratelli” di Firenze.

Sirio aveva dapprima pensato di affidare la parte di Febo al celebre tenore concittadino Galliano Masini, ma poi si era rivolto al giovane tenore Mario Del Monaco che era agli inizi della sua carriera e si era già fatto notare per le sue notevoli doti vocali. In seguito Del Monaco rimase legato a Sirio da una profonda e duratura amicizia unita ad una grande stima, come testimonia la lettera che inviò alla famiglia Santucci nel 1972.

Sirio si dedicò anche all’insegnamento e fu molto stimato come eccellente insegnante di Solfeggio e Armonia, alla cui scuola si formarono musicisti e futuri docenti di Conservatorio. Fu particolarmente legato da amicizia al collega compositore Emilio Gragnani con il quale condivise le battaglie per difendere la memoria del concittadino Pietro Mascagni. Si prodigò affinché le opere del noto concittadino venissero valorizzate e rappresentate nei vari teatri italiani ed in particolare al Teatro Comunale di Firenze. Intraprese anche una schermaglia letteraria con il tenore Giacomo Lauri Volpi, il quale sosteneva che cantare le opere di Mascagni provocava la lacerazione della laringe.

Molto attivo nella vita musicale cittadina fu tra i primi musicisti che fin dal 1945 si riunirono per elaborare il progetto di fondare la “Scuola Musicale Pietro Mascagni”, prima scuola di musica pubblica nella storia della città di Livorno che avrebbe dovuto fornire elementi nuovi all’Orchestra Labronica.

Oltre alla sua “creatura”, come lui stesso definiva Esmeralda, Sirio fu autore di numerose altre composizioni, molte delle quali andate perdute durante i bombardamenti della guerra. Sul finire degli anni Cinquanta si apprestava a comporre un’altra opera lirica dal titolo “Heathcliff” tratta da “Cime tempestose” di Emily Brontë, quando morì improvvisamente d’infarto il 17 marzo1959, lasciando solo alcuni appunti per il libretto rimasto incompleto.

Sirio Santucci riposa nel cimitero comunale di Livorno con una lapide che riporta le prime quattro battute dell’opera Esmeralda.