La carovana dei portuali.

23 Gen 2024 | Autore: Bruno Damari, STORIA

Carovana dei Gobbi

Articolo scritto da Adastro Brilli

I Gobbi erano facchini che lavoravano alle merce varie ed al carico/scarico dei bagagli dei turisti delle navi. La “Carovana” nasce il 7/12/1864 dopo lo scioglimento delle  cooperative formate da  Bergamaschi e Valtellinesi (detti anche Svizzeri) ed è costituita da personale interamente livornese, peraltro selezionato dalla Camera di Commercio, che all’epoca fungeva anche da Ufficio del Lavoro Portuale.

La Carovana, che ebbe un comportamento validissimo dando dimostrazione sia nel lavoro che nella conduzione economica, rispondeva dei danni alla merce ed anche del loro eventuale smarrimento o sottrazione ed aveva dovuto costituire una cauzione di lire 2.000 a garanzia dell’adempimento di tali obblighi; era stato anche costituito un fondo per l’assistenza alle vedove ed agli orfani dei soci, alimentato da una trattenuta del 5 per cento sul salario di ogni componente.

Per fronteggiare le ricorrenti crisi derivati dal poco lavoro (un proverbio diceva che  “il porto fa piangere ma a volte fa anche ridere”, ma all’epoca il più delle volte faceva piangere) i lavoratori cominciarono ad organizzarsi in “Leghe di Resistenza” e nel 1890 costituirono una “Società di Mutuo Soccorso”, per fronteggiare le necessità dei vecchi soci; a tale “Società” aderirono anche i “Navicellai” e venne fissato un limite di età di 16 anni per l’adesione stessa.

La Carovana aveva sede alla calata “Andana degli Anelli” (Barriera), dove era ubicata una baracca adibita ad ufficio ed aveva un responsabile con la qualifica di Presidente. Tutte le navi, bastimenti e navicelli che approdavano dovevano ricorrere  esclusivamente all’operato della Carovana per tutte le loro necessità connesse all’imbarco-sbarco delle merci (analoga esclusiva era attribuita alle altre Carovane per le loro specifiche attività).

Questa carovana intorno al 1929 fu inserita nella compagnia facchinaggio merci. A seguito dell’entrata in vigore del codice della Marina Mercantile (1877), il controllo e la vigilanza sull’attività di imbarco e sbarco della merce passò dalla Camera di Commercio alla Capitanerie di porto (art. 163). La carovana dei Gobbi venne costituita per iniziativa della famiglia Brilli, ancora oggi molto conosciuta nell’ambito della Compagnia Lavoratori Portuali.

Fra i componenti della fami­

glia che faceva parte della Carovana, sono da ricordare: Adrasto Brilli (detto Agnellone perché mangiò un agnello intero oppure Gaima per la sua astuzia), Talismano Brilli (detto il Papa),  Amedeo Brilli (detto Baccalà), Gino Brilli (detto Fedina), Spartaco Brilli (detto Bussolino), Varese Brilli (detto il Borbottone), Danilo Brilli (detto il Bugiardo o Togliatti) Giovanni Brilli “Giannino” (detto il Truffaldino), Gino (detto Pettino) Galliano Brilli (detto il Barone) e Giuseppe Brilli, passato poi alla “carovana carbonai”.

Da approfondite ricerche risulta che il presidente della Carovana negli anni a cavallo fra l’ottocento e il novecento era Armando Brilli, padre di Adastro, Talismano e Varese. Nipote di Armando era Gino (Pettino), figlio di Giovanni (“Giannino”) e fratello di Armando.

Fra le altre famiglie che facevano parte della Carovana, ricordo, anche se meno numerosa rispetto alla Brilli, c’era la famiglia Bacciardi Ottorino, Bacciardi Elisio, Bacciardi Bruno, Morucci Omero genero di Armando Brilli.

I soci della Carovana erano soliti riunirsi a fine settimana all’osteria, dove si dividevano i guadagni e nello stesso tempo… si scolavano alcuni fiaschi di  vino!

Fra gli aneddoti relativi alle vicende, sono da ricordare, fra gli altri, i seguenti:

– Nel 1929 gli Scarronzoni, facchini di altre Carovane portuali, praticando il canottaggio, già vittoriosi nel 1928 degli Europei, trovavano serie difficoltà ad allenarsi regolarmente per partecipare alle Olimpiadi di Los Angeles del 1932, a causa del lavoro molto faticoso che dovevano svolgere e dei relativi orari. Allora chiesero di poter lavorare, con scambi reciproci, presso la Carovana dei Gobbi. Come tutti sanno la partecipazione alle Olimpiadi del 1932 rese famosi gli Scarronzoni, che conquistarono la medaglia d’argento nella gara dell’Otto. Pensate a questi atleti gli veniva passato un buono per un Kg. di carne  che loro non mangiavano mai, perché tanta era la miseria e allora da buoni genitori  la carne veniva divisa con la loro famiglia.

L’episodio di cui sopra contribuì ad accelerare l’accorpamento delle Carovane Portuali, che negli anni successivi portò alla nascita della Compagnia Lavoratori Portuali.

– Nei momenti difficili e di miseria, i portuali, oltre a svolgere il loro lavoro, si arrabattavano a destra e manca per far quadrare il bilancio familiare.

In momenti del genere raccontandovi un gustoso e simpaticissimo aneddoto, Adrasto Brilli chiamò il fratello più piccolo Varese (erano tutti e due in “miseria  nera”) concordarono una tattica nei confronti del fratello maggiore Talismano, al quale invece i soldi non mancavano mai, in quanto oltre a fare il portuale era anche uomo di fiducia della casa di spedizione Lumachi.

I due fratelli decisero di comportarsi nel seguente modo: Varese sarebbe andato a chiamare i due fratelli che  (abitavano nello stesso palazzo), dicendo che era arrivato il bastimento e per rendere la cosa più credibile s’inventò che il Comandante gli aveva detto: “Vussia chiamate i Vostri fratelli per venire a lavorare”.

Fatto questo, Adastro e Varese chiesero in prestito soldi al fratello maggiore Talismano, dicendoli che gli avrebbero restituiti al pagamento del lavoro. Talismano la prese per buona e fece il prestito e insieme Varese e i  due fratelli s’incamminarono  verso la calata Andana degli Anelli (Barriera) dove era il loro distaccamento di lavoro: arrivati vicini a Colonnella, in prossimità di Barriera, Talismano girandosi non vide più Varese e allora si rese conto del tranello. Si voltò verso il fratello Adastro e gli disse, arrabbiatissimo: “Questa è farina del tuo sacco, bella mia Gaima, rendimi i soldi che ti o dato”.

Adastro gli rispose che non ne sapeva niente e che i soldi gli aveva  finiti, dandoli alla moglie per fare la spesa; Varese invece si dette malato per paura di buscarne, e i soldi furono restituiti a Talismano dopo un mese.  

Tutto questo per far capire come era difficile vivere a quell’epoca e questo era niente se si pensa che c’era chi per mangiare rubava o faceva contrabbando. Certo non era giusto, ma ci si doveva arrangiare, secondo il detto “la fame fa scappare il lupo dal bosco”.

Un altro personaggio della carovana dei Gobbi era Danilo Brilli, detto il bugiardo per tutti gli sfondoni che usava raccontare, nonostante tutto rimaneva simpatico, pensate  raccontava, di avere una scala  di uso domestico con un altezza di 15 metri, e la teneva per ritto addossata alla parete dell’ingresso di casa, “chiamala bugia”

Mentre Spartaco Brilli, detto bussolino, bravissimo pescatore, bravo nel lanciare l’arpione per catturare i pesci, quasi tutti i giorni ed anche quando lavorava, si prendeva la sua ora di pausa per la pesca. Usava andare lungo il ciglio della banchina con l’arpione in mano, e quando vedeva affiorare il pesce, essendo  molto  abilissimo, non mancava mai il colpo, però veniva criticato dagli altri lavoratori, perché anche nel momento del lavoro lui si prendeva la sua ora di riposo. Tutto questo suscitava moltissime polemiche, e allora un bel giorno il cugino più grande Adrasto, noioso a l’eccesso, gli escogitò un tranello: avvicinandosi a ciglio banchina comincia ad urlare chiamando Bussolino dicendoli di correre a ciglio banchina perche aveva avvistato un pesce. Bussolino non se lo fece dire due volte  prese l’arpione che teneva sempre legato alla bicicletta, e in volata si presentò a ciglio banchina. Allora Adrasto fece un passo indietro per darli spazio, e contemporaneamente gli dette una spinta  gettandolo in mare. Ed ecco che da quel giorno Bussolino andava a pescare solo i giorni di festa così tolse tutti i malumori che erano sorti, anche perché non era simpatico discutere fra di loro, dal momento che era tutta una famiglia.

Carovana dei Carbonai

I carbonai erano facchini adibiti allo scarico del carbone dalle navi, bastimenti o navicelli. Il carbone veniva scaricato riempiendo con pale i cestoni di vimini (chiamate “coffe”), che i facchini aiutandosi fra loro, si caricavano sulle spalle e dopo aver percorso una passerella di legno adagiata fra bordo della nave e la banchina, procedevano a caricare vagoni ferroviari, camion e piazzali adiacenti alla banchina stessa.

Il lavoro spesso durava per settimane. Immaginate le condizioni di lavoro a  quell’epoca, in cui mancava quasi tutto!

I lavoratori dopo una giornata di lavoro, si lavavano con acqua in conche di coccio (le docce dovevano ancora venire!), aiutandosi con spicchi di limone per togliere il nero da sotto gli occhi, spesso con scarsi risultati. Poi era tradizione prima di rientrare a casa, si fermavano all’osteria per bere alcuni bicchieri di vino.

Anche questa era una Carovana storica, che datava dall’ottocento e che poi confluì con le altre nella Compagnia Lavoratori Portuali.

Fra i componenti della Carovana si ricordano le famiglie Ciucci, Landi, Brondi, Bianchi, Antonini (detto Pece), Antonacci, Vivaldi, Porri, Camici, Lunardi, Scutomella, Vestri, Giuliani, Cavallini, Voliani, Bitossi, Ghiomelli, Politi, Catone, Lorenzini, Pacini, Doria,  Battini, Piram Ugo, Pellegrini, Pannocchia, Bastrei, Piccini Umberto e Amleto, Pinucci, Frangini, Zingoni, Martelli, Lavoratori, Angella Edilio (detto Il Carrarino) Lomi, Scotto, Campani, Grossi Oreste, Fanelli Ado, Giroldini, Fassi, Del Corona Gino, Ciampini Dino, Comparini, Livori,  Casabona, Bonaretti Silvio, Bonaretti Angiolo, Cioni Giuseppe, Colombi, Colombini  Aliberto Colombini Rodrigo (detto Il Norvegiano), Colombini Silvio, Ghezzani Ghino, Papini, Pampana, Suardi Oreste e Rizzieri, Raugi, Gioli, Grassi, Gozzani,  Costanzo, Del Vivo, Brilli Giuseppe, Marcaccini,  Manzi, Alberto Santilli ecc..

La famiglia Suardi era arrivata a Livorno negli anni Seicento, quale componente di una Carovana di facchini Bergamaschi, il cui capo era un certo Vincenzo proveniente dalla cooperativa Pisana. Detta carovana aveva un organico di soli 50 persone, insufficienti per fronteggiare il carico di lavoro  e per tanto nel 1825  ottenne la collaborazione di un’altra cooperativa che era la “Venezia” detta i Monelli, composta solo di abitanti del quartiere, alla quale fu ceduto il lavoro  dello sbarco e imbarco del Baccalà e Stoccafisso.

Alcuni componenti della ‘Bergamasca’, provenienti dal lavoro delle miniere di carbone furono inseriti nella Carovana dei Carbonai, altri nella carovana delle merci varie.

Poco dopo l’inizio del Novecentotrenta, un certo Ciucci, capostipite dell’omonima famiglia, occupava secondo le usanze dell’epoca, tre posti di lavoro nella Carovana Carbonai. Ciucci amante della pesca, cedette uno dei suddetti posti a persona estranea al lavoro portuale, ovvero a Umberto Piccini (detto Mangia labbra) che a sua volta cedette al Ciucci una postazione per la pesca delle “cee”, di cui era titolare.

Questo scambio segno l’ingresso della famiglia Piccini nella realtà portuale e uno dei figli di Umberto è Italo Piccini diventando negli anni Sessanta Console della Compagnia Lavoratori Portuali, successivamente presidente della CILP Impresa Portuale, dando anche inizio ad una sorta di “dinastia presidenziale”, dato che il di lui figlio, Roberto, diventò Presidente della C.L.P.

Anche dalle vicende della Carovana Carbonai si è tramandato un gustoso aneddoto, che ora racconto.

Bastrei Menotti Ferruccio (detto Il Capitano) passato nel 1929  nei facchini del facchinaggio della merce varia,

     dopo una giornata passata sotto la pioggia a lavorare con fatica il carbone con pala e coffa, s’incammina lentamente verso casa per andarsi a lavare nella conca di coccio (come ricordato prima non esistevano ne vasche ne docce!).

Giunto a casa, morto dalla fatica, la moglie apre la porta e li porge due brocche di rame, dicendoli: “Dato che sei già bagnato, se vuoi lavarti, scendi e riempi le brocche perché l’acqua è finita!”.

Bastrei tranquillamente prende le brocche e va a riempirle, fatto questo, sale a casa  bussa alla porta con i piedi, e quando la moglie apre la porta, li rovescia addosso tutta l’acqua e dice: “Dal momento che sei tutta bagnata ora scendi te e vai a riempirle”.

Addirittura qualche ‘carbonaio’, ritornando a casa dopo il turno di lavoro si sdraiava a terra sopra a delle stoie per non insudiciare il pavimento e non litigare con la moglie, dicendo che il “duro” faceva riposare meglio; altri non si lavavano neppure dicendo “Tanto domani mi ritocca… cosa mi lavo a fa!”.

Dobbiamo comunque pensare che i lavoratori dell’epoca, malgrado la loro ignoranza e la pochissima cultura, hanno tramandato valori che non esistono più e, invece di criticarli, qualche volta, dovremmo apprezzare i loro insegnamenti.

Ricordando Mario Antonini (detto Pece), iscritto nei ruoli nel 1937 e componente della carovana carbonai, nel 1944, esattamente il 9 Settembre, ha fatto parte alla ricostruzione della Società Cooperativa a responsabilità limitata, nominato “Consorzio Cooperativistico dei lavoratori del porto di Livorno”. Nell’articolo 1 dello Statuto rogato dal notaio Luigi Corcos, la “Società” ha per oggetto l’assunzione sul porto di Livorno di tutti  i  lavori di carico e scarico, ormeggiatura, raccolta dei rifiuti, di bordo, nonché i lavori di recupero, salvataggio, e tutti i lavori  portuali  in genere.

Assieme a lui ricordiamo altri nominativi: Antonio Chiesa, Anclite Lomi, Silvano Scotto, Giacomo Palomba, Gino Albano, Maruzzo Nardi, Alfredo Canessa, Astarotte Brondi, Giovanni Del Vivo, Balilla Colombi, Carlo Porri, Italo Balestri, Alfredo Campani, Pietro Favilli, Manlio Mariotti. 

Questo Consorzio a norma di statuto doveva durare sino  al 31 Marzo del 1969, ma in conseguenza della scarsità dei traffici (nel frattempo gli Americani utilizzavano per le operazioni portuali i prigionieri di guerra tedeschi), la Società si dedicò solo al recupero dei relitti affondati nelle acque portuali per cause belliche.

Ed il 21 novembre 1947 si costituì  la Compagnia  Lavoratori Portuali, composta soltanto di lavoratori portuali che di fatto saturò il Consorzio.